L’Occidente affronta la sua ora più buia
È l’ora più buia, di nuovo. La guerra. La sporca guerra, ancora una volta. Il fantasma sovietico uscito dagli armadi del Secolo che credevamo breve. Il morto post-totalitario che afferra noi vivi e ci ricorda il tragico Novecento che non vuole finire. Si fatica anche solo a pensarla, questa aggressione militare decisa da un Vladimir Putin sospeso tra la follia neo-imperiale e la fobia anti-occidentale. Dalla carta geografica che lo Zar di Mosca torna a sfregiare con la sua dissennata campagna di riconquista rispuntano luoghi e fonemi dai quali grondano il sangue e la Storia. La Crimea, l’assedio di Sebastopoli del 1853, i soldati piemontesi del Regno di Sardegna in armi con l’Impero ottomano, la Francia e la Gran Bretagna. Odessa, l’epopea di Esenin, la carrozzina della “Corazzata Potemkin”. Kirkyv, il 1918, il primo partito bolscevico ucraino. Piazza Maidan a Kiev, la rivoluzione arancione, il crollo del governo filo-russo di Viktor Janukovic, la repubblica indipendente. Tutto torna, oggi, in questo martoriato Atlante dove Occidente e Oriente si incontrano e si scontrano.
Dunque era vero. L’offensiva ibrida delle ultime settimane, fatta di spostamenti di truppe ai confini, di cyber-attacchi digitali, e di disinformazione politica. Le farneticazioni ideologiche sull’Ucraina “inventata da Lenin”, le esercitazioni nucleari trasmesse in tv e anticipate di sei mesi, come già accadde nel 2014, alla vigilia dell’invasione della Crimea. Le finte aperture diplomatiche con i capi di Stato europei, accolti inutilmente al Cremlino, seduti a un tavolo assurdo lungo sei metri, in un’immagine surreale che sembra tratta da un film di Stanley Kubrick, e poi rispediti a casa con le pive nel sacco. Il grottesco “riconoscimento” delle repubbliche indipendenti del Donetsk e il Lugansk, che era di fatto già un’annessione. Tutto era programmato. Tutto era scritto da un truce copione che già contemplava la guerra.
Avevamo ironizzato sulle previsioni dell’intelligence americana, che troppe volte aveva previsto l’attacco. Hanno sbagliato la data e l’ora, ma alla fine i servizi segreti di Langley hanno avuto ragione. Quella di Putin non è “un’operazione militare mirata”, come sostiene lui stesso nell’ennesimo messaggio notturno alla nazione, che solo adesso scopriamo registrato quattro giorni prima. È invece una guerra totale. All’Ucraina, certo, che viene stretta in una morsa tra Sud-Est, dalle rive del Mar Nero, a Nord-Ovest, dalla Bielorussia. Ma anche all’Occidente, che viene sbattuto di fronte a una sfida terribile. Come rispondere all’attacco dell’Autocrate di Mosca, che non si accontenta di aver ritrovato un posto al tavolo della sicurezza globale ma rompe con i tank le bombe ed i missili il cordone sanitario della Nato lungo i suoi confini e reclama un ritorno alla geografia politica della Grande Madre Russia sovietica o addirittura pre-sovietica? Le sanzioni, così come le avevamo immaginate in questi giorni, danno la misura della nostra drammatica impreparazione.
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