Anche McDonald’s va via: chiudono 850 punti vendita in Russia

di Enrico Franceschini

La fine del comunismo sovietico cominciò con l’apertura del primo McDonald’s al tempo della perestrojka di Mikhail Gorbaciov. La chiusura dei ristoranti fast food dalla M gialla, annunciata stamani come sanzione per la guerra in Ucraina, simboleggia il ritorno della dittatura a Mosca: quasi un arco durato trentacinque anni che ha gradualmente accompagnato prima l’ascesa di una fragile democrazia e poi il suo inesorabile declino nell’era di Vladimir Putin.

La multinazionale americana delle polpette, che ha a Chicago il suo quartier generale, ha annunciato la decisione di “chiudere temporaneamente” i suoi 850 ristoranti in Russia in risposta “alle insensate sofferenze umane causate all’Ucraina”. L’azienda afferma che è “impossibile prevedere” quando potranno riaprire, ma per il momento continuerà a retribuire i suoi 62 mila dipendenti russi. “I nostri valori significano che non possiamo ignorare quello che accade a Kiev”, ha dichiarato l’amministratore delegato della società Chris Kempczinski. 
Era una mossa nell’aria da qualche giorno, perché McDonald’s e Coca-Cola erano rimasti due brand occidentali più noti ancora operativi in Russia dopo la grande fuga di quasi tutti gli altri, dai generi di lusso come Chanel, Dior e Prada, a quelli per la classe media come l’Ikea, Netflix e i jeans Levi’s.

Lunedì era diventato virale un tweet intitolato #BoycottMcDonalds, boicottate la McDonald’s, non solo e non tanto in Russia ovviamente quanto nel resto del mondo: 40 mila ristoranti che servono 70 milioni di clienti al giorno in oltre 100 paesi. Il bando alle importazioni di petrolio e gas russo reso noto oggi dal presidente Biden ha probabilmente contribuito a spingere i responsabili della compagnia ad agire.

Quando il primo McDonald’s aprì a Mosca, il 31 gennaio 1990, fu un avvenimento epocale: uno dei primi marchi occidentali che sbarcava in Unione Sovietica, sinonimo del capitalismo americano. Il caos provocato dalle confuse riforme economiche di Gorbaciov aveva svuotato i negozi alimentari. I russi avevano fame. E i Big Mac erano a quell’epoca l’equivalente di una prelibatezza sconosciuta nel paese dei Soviet.

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