La guerra smonta la retorica di Salvini
di Stefano Folli
Era evidente che la guerra in Ucraina, cioè in Europa,
avrebbe spazzato via anche in Italia un vecchio modo di far politica,
impastato di astuzie, giochi verbali, ammiccamenti, retorica da “talk
show”, enfasi stile “ultras” allo stadio. La guerra ribalta tutte le
pseudo certezze e impone una nuova serietà. Qualcuno sembra averlo già
capito — ad esempio il Pd di Enrico Letta — , qualcun altro invece paga
un prezzo salato alla propria ostinazione. In fondo non era difficile
supporre che il viaggio di Salvini al confine polacco-ucraino avesse
discrete probabilità di risolversi in un disastro. Tuttavia la realtà è
andata oltre ogni previsione. L’immagine del sindaco di Przemysl che
accoglie — si fa per dire — il capo della Lega srotolando la maglietta
con l’effige di Putin davanti alle telecamere, e gli ricorda il suo
stretto legame con l’autocrate di Mosca, resterà nella storia a
testimoniare una straordinaria insipienza politica.
Se Salvini pensava davvero di far dimenticare i suoi errori con un
viaggetto di un paio d’ore alla frontiera così da inalberare il cartello
“Sos Ucraina” — senza mai citare Putin, s’intende — , significa che ha
perso ogni lucidità. Nel mondo globale tutti sono al corrente di tutto:
basta un’occhiata a Twitter o alle vignette di Osho. Anche in una
cittadina polacca di confine hanno avuto il tempo di procurarsi una
maglietta identica a quella che un paio d’anni fa il leghista esibiva
orgoglioso sulla Piazza Rossa. Veramente strano che l’uomo che è stato
vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno non lo avesse messo
in conto. Forse è mal consigliato o forse non riesce a distinguere ciò
che è drammatico da ciò che è ludico. Nel 2019 aprì la crisi di governo
da uno stabilimento balneare, ieri ha tentato goffamente di ricostruirsi
un’immagine con un colpo di dadi dall’esito catastrofico.
Aveva invece una carta semplice da mettere sul tavolo. Comprendere la
portata del passaggio storico che l’Italia e l’Europa stanno vivendo e
agire di conseguenza. Sostenere senza ambiguità e fino a tempi migliori
il governo di cui peraltro la Lega fa parte, considerando che non ci
sono alternative a Draghi e a una linea di politica estera condivisa,
nel rispetto del sistema di alleanze in cui l’Italia è collocata.
Accantonare i vari “sovranismi” ed euro-scetticismi che non sono di
alcuna utilità al momento: non a caso l’incidente è avvenuto in Polonia,
uno dei paesi nazionalisti a cui la destra italiana guardava con
attenzione. Ma è la guerra, appunto. La guerra che restituisce spessore
alle cose e una gerarchia ai valori.
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