Ernesto Galli della Loggia: “Si scrive carneficina ma si legge resistenza”

È un cambio di paradigma. Il Covid prima e l’Ucraina poi fanno crollare l’utopia del mondo globalizzato: un mercato che si regola solo sulla base della domanda e dell’offerta, dove si può mettere da parte la politica. E invece il mercato dipende dalla geopolitica, non solo dalle merci. Questo il punto: se l’energia non ha un prezzo di mercato ma politico, la costruzione liberista sul dominio del mercato va a farsi friggere. Esistono i paesi, gli Stati, la politica, non solo l’economa.

All’impreparazione di cui parla contribuisce anche il presentismo di cui è imbevuta la società attuale per cui tutto si deve consuma in 24 ore, siamo disabituati ai tempi lunghi, ai processi storici complessi?

Assolutamente. La clamorosa perdita dalla memoria e della dimensione storica del problema non è solo un segno dei tempi, ma è dovuta anche alla catastrofe delle nostre istituzioni scolastiche, con particolari responsabilità della destra che ha ridotto le ore di storia dall’istruzione scolastica e cancellato la geografia. Pensi: nel momento del trionfo della geopolitica! Si parlava di “Monaco”: ma in quanti sanno che cosa capitò a Monaco, che cosa significa? Se non conosci la storia del tuo paese e quella del mondo è tutto schiacciato sul presente, non sai da dove vengono e cose di cui oggi godi, non senti il bisogno di difenderle.

Lei ha scritto: “La libertà dell’Ucraina fa paura a Putin”. Cioè, dice, tra le ragioni dell’invasione non c’è la presunta estensione della Nato, ma il fatto che l’Ucraina, la democrazia ucraina, rappresenta il “cattivo esempio”, che reca in sé il rischio del “contagio della libertà”.

Sì, certo, anche questo spiega l’ira funesta che non ci fu ai tempi dell’adesione alla Nato di Estonia, Lituania, Lettonia, Paesi baltici. Più in generale la questione è questa: la Russia, dopo il crollo del comunismo, ha conosciuto una gigantesca catastrofe geopolitica. Ha perduto territori, che si sentono attirati dalle democrazie occidentali e dal modello dei consumi, si è vista crescere al proprio confine la gigantesca potenza cinese. Abituata a considerare la sua gigantesca spazialità come determinante nel suo potere, quasi della sua identità storico-politica, si è vista messa in discussione in misura irreparabile.

Solo “spazialità” o c’è anche una dimensione “ideologica” in senso stretto in questa guerra? Che non ha a che fare con l’Urss, infatti Putin, proprio sull’Ucraina, ha sancito una discontinuità rispetto a Lenin, ma che comunque parte dal rifiuto della democrazia.

La politica di potenza è l’unica che la Russia concepisce. Dopo il ’91 avrebbe dovuto fare i conti con la modernità tecnologica, e abbandonare il potere come pura spazialità. Insomma: alla Russia è mancato Deng Xiaoping e, invece di seguire la via di una modernizzazione tipo cinese, è diventata una specie di Arabia Saudita dell’Est, che punta ancora e sempre su materie prime e potere militare. Guardi l’iconografia delle leadership, di Putin e Zelensky, ad esempio. Uno si fa la croce in una chiesa che se la prende con i gay, fa i bagni con l’acqua gelata, combatte contro un orso, cose arcaiche. Zelensky invece è una specie di Woody Allen ucraino.

E quanto c’è di ideologico anche nel pacifismo, dove sta avvenendo una saldatura tra russofilia della destra populista e vetero-sinistra, per cui l’imperialismo è sempre americano e, se non c’è quello, diventa neutralismo il neutralismo. Il “né né”, “né con la Nato, né con Putin”.

Non è ideologia, ormai è muffa ideologica. È la saldatura tra reducismo di certa sinistra e la miseria politica della destra. Ma come si può pensare che diventare amico di Putin ti assicura un qualsiasi avvenire politico in Occidente? Io capisco che se uno lo fa per soldi o affari, allora può essere un ottimo investimento, ma se lo fai come investimento politico ci sta che, quando metti il naso fuori d’Italia, quando vai in Polonia, come minimo ti danno del buffone. C’è un elemento di primitività ideologica in questo sbandamento italiano per Putin.

Quanto le leadership in questa storia determinano i fatti e quanto invece i fatti stanno determinando le leadership? Quella di Zelensky dalla resistenza, Biden che torna alto nei sondaggi da un nuovo protagonismo dopo il ritiro dall’Afghanistan, la debolezza dell’Europa al contrario.

Sono discorsi complicati. Di una cosa però sono sicuro: che se a Kiev invece di Zelensky ci fosse stato Mariano Rumor le cose sarebbero andate molto diversamente.

L’HUFFPOST

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