I “falchi” si impongono. E la Bce suona la ritirata dagli aiuti
Ma qui non si tratta solo di sacrificare la ripresa pur di mettere nell’angolo un carovita che a fine anno, in base alle stime, sarà attestato al 5,1%. La posta in gioco è molto più alta. La Fed ha mani quasi libere nel combattere l’inflazione (7,9% in febbraio), ma non la Bce. Perché il tapering è la benzina perfetta per incendiare i rendimenti dei titoli dei Paesi più esposti finanziariamente. Ha un bel dire la banchiera francese che ieri l’istituto «non ha accelerato il passo di normalizzazione della sua politica monetaria». E ha un bel dire il vicepresidente, Luis de Guindos, secondo cui «abbiamo visto alti e bassi, ma gli spread sono rimasti abbastanza contenuti». Salvo dimenticare che le tensioni sui differenziali si erano manifestate prima del conflitto Mosca-Kiev, in concomitanza con l’uscita infelice di Madame Lagarde sul giro di vite ai tassi. Senza il paracadute della Bce, senza eurobond e senza la riforma del Patto di stabilità si prospettano tempi davvero duri. Non era questo il momento per far la faccia feroce all’interno dei confini di Eurolandia.
IL GIORNALE
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