Il discorso di Putin: «La Russia distingua i patrioti dai traditori. Questa pulizia ci renderà più forti»

di Marco Imarisio

Il presidente russo ha attaccato il «nemico interno» con parole che hanno destato ovunque impressione, ricordando le «purghe» staliniane: «L’Occidente usa i nostri traditori per distruggere la Russia. Li sputeremo come moscerini finiti in gola»

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Che paura. Quasi come il discorso con il quale annunciò l’inizio della guerra. Questa volta, Vladimir Putin ha attaccato il «nemico interno», la definizione è sua, invitando il popolo russo a fare pulizia al suo interno. Con parole che hanno destato ovunque impressione, anche in Russia, dove il suo incontro con i membri del governo non sempre viene trasmesso in diretta. Mercoledì invece è stato così. Il presidente voleva mandare un messaggio. E lo ha fatto, in un modo che rende impossibile non evocare le purghe di staliniana memoria.

«Non voglio giudicare i nostri connazionali con la villa a Miami o nella riviera francese, e che magari non riescono a vivere senza ostriche, foie gras o le cosiddette libertà di genere». Fino a qui poteva sembrare un semplice ultimatum alla folta tribù degli oligarchi, categoria già poco amata in patria, che non sanno più come prendere le distanze in modo più o meno diretto da quello che sta accadendo. Ma il continuo riferimento alla società russa ha fatto anche sorgere l’impressione che si tratti di una minaccia estesa alle molte persone del mondo culturale che in questi giorni hanno deciso di andarsene, e ai semplici cittadini che stanno cercando un modo per fuggire dal loro Paese, non importa se in treno, in auto o in aereo.

«L’Occidente sta cercando di mandare in pezzi la nostra società speculando sulle perdite russe in combattimento e sulle conseguenze socioeconomiche delle sanzioni, nella speranza di provocare così un ammutinamento della popolazione. E so che sta usando la cosiddetta quinta colonna, i nostri traditori, per raggiungere il suo obiettivo finale, che è la distruzione della Russia». È la prima volta che il Cremlino riconosce l’esistenza di un dissenso strisciante nella società russa.

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