Ma ora è possibile il cessate il fuoco
Nathalie Tocci
L’invasione russa dell’Ucraina è a un bivio. Le due vie che si aprono vedono da un lato la speranza di un cessate il fuoco e di un accordo sulla neutralità di un’Ucraina indipendente, e dall’altro lo spettro di una globalizzazione della guerra. La premessa del bivio è la stessa: politicamente – purtroppo non militarmente – Putin questa guerra l’ha già persa. L’obiettivo imperiale era quello di “denazificare” l’Ucraina; tradotto: occupare il Paese per estirparne un’ipotetica élite assoldata dall’Occidente, che tentava di strappare l’Ucraina dalla sua vera vocazione di ricongiungersi alla Madre Patria Russia. La resistenza ucraina ha reso evidente in queste tre settimane di guerra che l’obiettivo di Putin è semplicemente irraggiungibile e, in quanto tale, non negoziabile.
Rimane vero che l’esercito russo può prevalere su quello ucraino. Le capacità militari rimangono drammaticamente ineguali e quindi è probabile, qualora la guerra continuasse, che tra qualche settimana – al massimo tra qualche mese -, la Russia prevarrebbe militarmente e decapiterebbe il governo di Kiev. Ma Putin oggi non può non sapere ciò che è sotto gli occhi di tutti: cioè che la guerra continuerebbe in altre forme, Mosca non riuscirebbe a controllare il Paese da lei occupato, e nel frattempo la morsa delle sanzioni internazionali si farebbe sempre più stretta, mettendo in ginocchio la Russia. Impelagata in una guerra che non può essere vinta, la Russia si ritroverebbe nella migliore delle ipotesi come il cugino povero della Cina; nella peggiore, come una gigantesca Corea del Nord.
La presa d’atto implicita di questo fatto ci porta al bivio. Lo spiraglio aperto ieri è quello di un accordo che ruota attorno a un cessate il fuoco – invocato ieri dalla Corte internazionale di giustizia –, al ritiro delle forze armate russe dai territori occupati dal 24 febbraio, e alla neutralità dell’Ucraina. Quest’ultima idea non è nuova: in forme diverse, è una proposta che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky stesso ha fatto più volte; da ultimo la settimana scorsa, a ridosso dell’incontro tra il suo ministro degli Esteri Dmytro Kuleba e l’omologo russo Sergei Lavrov ad Antalya, in Turchia. La proposta russa di neutralità da parte di Kiev includerebbe una rinuncia alle aspirazioni ucraine – mai davvero accolte – di entrare nella Nato, limitazioni alle sue forze armate, e l’impegno a non ospitare basi militari straniere, in cambio di garanzie di sicurezza da parte di Usa, Regno Unito e Turchia. È notevole che dalla lista dei possibili garanti decadono, rispetto a proposte aleggiate in passato, Francia e Germania. Nell’omissione è implicito il fatto che l’Ucraina potrebbe entrare nell’Unione europea, alla quale ha oramai fatto domanda d’adesione. A corroborare questa lettura, il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov ha parlato di una neutralità come quella dell’Austria o della Svezia. Come noto, entrambi i Paesi non sono membri della Nato – il secondo ha un partenariato molto stretto con l’Alleanza Atlantica –, ma sono parte integrante dell’Ue.
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