I messaggi occulti lanciati dallo zar
Nona Mikhelidze
Nella politica di Putin è presente un forte simbolismo. Il leader del Cremlino non ha scelto a caso il 18 marzo per parlare alla nazione, allo Sport Center Luzhniki di Mosca. Ieri era l’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea alla federazione russa. Il suo popolo stava festeggiando questo evento con un concerto. Molti si aspettavano che spendesse alcune parole sulle intenzioni della Russia nello svolgimento della guerra, anzi “operazione militare speciale”, come la chiama lui, che parlasse di ciò che sta accadendo sul campo e di quel che potrebbe accadere. Invece no. Putin si è limitato a nominare il genocidio che gli ucraini stavano commettendo contro il Donbass. E a ribadire che l’operazione militare è giustificata da questo genocidio. Nelle sue parole c’è stato spazio anche per una citazione dalla Bibbia, quando ha spiegato che l’aiuto militare portato dall’esercito russo è stato dettato anche da una prospettiva religiosa.
Ma mettiamo sotto i riflettori la sua ultima citazione: Putin ha dichiarato che l’inizio dell’operazione è coincisa quasi per caso con il compleanno di uno dei “nostri eccezionali comandanti militari”, canonizzato come santo, Fëdor Fëdorovič Ušakov, che “non ha perso una sola battaglia in tutta la sua brillante carriera militare”. Anche in questo caso non è casuale, secondo lui, che l’operazione speciale cada proprio in occasione di quel compleanno. Perciò conclude: “Neanche noi perderemo la battaglia”. Ecco che torna la simbologia. Tra l’altro, forse non tutti sanno che il personaggio santificato è stato dichiarato patrono della flotta di bombardieri nucleari strategici russi.
Ma facciamo un passo in più. Ripensiamo al suo discorso del 16 marzo, quando ha parlato di denazificazione, demilitarizzazione, neutralizzazione dell’Ucraina. Lì si vede chiaramente che Putin, dal 24 febbraio, a oggi non ha fatto neanche mezzo passo indietro. I negoziati che ad alcuni sembrano avanzare, sentendo lui, sono in stallo. Gli ultimatum rimangono gli stessi. Sempre quello speech di qualche giorno fa, però, ci fa capire che esiste il dissenso interno nel Paese. Lui stesso parla di “traditori” e denuncia che questa guerra ne ha portati tanti. Quelli abituati alla bella vita e a mangiare il foie gras in Occidente, che “noi sputeremo dalla bocca come le mosche”. È come se Putin volesse annunciare la nuova ondata di repressioni interne. Che molto probabilmente è diretta non tanto verso gli oligarchi, quanto verso la cosiddetta “intelligenzia”. Agli oligarchi ha già messo il bavaglio. In questi anni, invece, i rappresentanti della cultura sono stati in qualche modo suoi alleati. Magari non erano contenti del tipo di governance creata negli ultimi tempi dal potere verticale, ma il leader del Cremlino portava comunque con sé una stabilità economica che all’intelligenzia dava il modo di sentirsi realizzata professionalmente e apriva le porte all’Occidente. La situazione domestica non era certo sopportabile per loro.
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