Dal Covid al Gas: la sbilenca minaccia russa non inquieta l’Italia
La missione “Dalla Russia con amore”, inviata da Mosca a Bergamo nel marzo 2020, ritorna così al centro delle cronache, questa volta in tempo di guerra. La missione “fu guidata da un senso di compassione”, come dice il direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, oppure fu qualcosa d’altro, come ipotizzano il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e oggi il segretario del Pd Enrico Letta? La missione – ricorda l’agenzia Dire – iniziò il 22 marzo 2020 quando sbarcò a Pratica di Mare un contingente militare russo, composto da tredici quadrireattori con 104 militari e due civili, Natalia Y. Pshenichnaya e Aleksandr V. Semenov, che non erano stati autorizzati preventivamente. Si tratta dei due più noti epidemiologi russi, i cui nomi erano aggiunti a penna alla lista degli ‘ospiti’ ufficiali. La missione era stata preparata dall’allora premier Giuseppe Conte nel corso di un colloquio telefonico con Vladimir Putin.
Fin dal primo momento molti commentatori si chiesero come mai Mosca inviasse una missione di quel tipo – militare, con l’aggiunta di due scienziati di fama mondiale – nel quadro di un’emergenza conclamata. In tanti ipotizzarono che alla base vi fosse un fine di propaganda e di spionaggio scientifico: raccogliere dati sul campo, in vista della preparazione del vaccino Sputnik. Ma la commozione per quello che stava accadendo a Bergamo vinse ogni sospetto.
La questione torna d’attualità ora con le parole di Paramonov, che cita Guerini come “un ‘falco’ della campagna russofobica”. Tra le altre cose, Paramonov rinfaccia all’Italia di aver “improvvisamente dimenticato sullo sfondo dell’isteria anti-russa” anche il sostegno ricevuto nel pieno della pandemia.
Dopo i dubbi espressi dal sindaco di Bergamo Gori il 5 marzo (“sono testimone dell’aiuto prestato a Bergamo dai medici del contingente, ma va ricordato che a Pratica di Mare arrivarono più generali che medici. Fu aiuto, propaganda o intelligence?”), è il segretario dem Enrico Letta oggi a dire che quelle di Paramonov sono “farneticazioni”, mentre “diventa legittimo dubitare delle reali intenzioni di quelle missioni di aiuto sanitario”. Della missione si sono occupati anche i servizi segreti italiani, come risulta dalla relazione al Parlamento del Copasir, resa il 9 febbraio scorso.
Non è la prima volta, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, che Mosca minaccia l’Italia. Si ricorderà il caso della lettera spedita dall’ambasciata russa al Parlamento italiano all’inizio del mese: una traduzione del discorso in cui Lavrov minacciava, con toni profondamente intimidatori, non solo i Paesi che prestano aiuto all’Ucraina, ma addirittura l’intera popolazione civile. “I cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali e di carburante e lubrificanti alle Forze Armate Ucraine – scriveva Lavrov – saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni nel contesto dell’operazione militare speciale in corso”. Già in quell’occasione il ministro della Difesa Guerini rispose con un commento durissimo: “La dichiarazione di Lavrov era rimbalzata su tutti i media. La modalità con cui è stata trasmessa al Parlamento dà il senso dell’arroganza e della postura del regime russo”. Non sono passate neanche tre settimane, e quell’arroganza e quella postura appaiono ancora più minacciose.
L’HUFFPOST
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