La guerra santa del dittatore e le anime perse del Belpaese
MASSIMO GIANNINI
«Un ruggito di dolore e di rabbia si alzava sulla città, e rintronava incessante, ossessivo, spazzando qualsiasi altro suono, scandendo la grande menzogna: Zi, zi, zi, vive, vive, vive…». Come ai funerali di Alekos Panagulis ad Atene, raccontati da Oriana Fallaci in “Un uomo”, alla parata di regime organizzata allo Sport Center Luzhniki di Mosca campeggiano sinistre altre Z, che al contrario di vita richiamano morte, e tra la folla festante aleggia un’altra grande menzogna del Potere, che la Russia «sta fermando il genocidio nazista nel Donbass». Tra le bandiere al vento della Federazione e le note delle rock-band preferite, Putin celebra la definitiva metamorfosi: in quello stadio-simbolo il cinico interprete dell’esperimento autoritario post-sovietico lascia il campo al Grande Dittatore post-moderno, che arringa le masse in parka Loro Piana da 12 mila euro.
Mentre i suoi soldati sparano missili ipersonici sui palazzi delle città ucraine e gli “Omon” in tenuta antisommossa pestano manifestanti per le strade delle città russe, lo Zar Vladi ormai lancia a viso aperto la sua Guerra Santa. Non gli bastava la dottrina del Patriarca Kirill, che soffia sulle braci mai spente dell’anima russa gridando “per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass e nel Donbass oggi c’è il rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale”, dal “consumismo eccessivo” alla “libertà che si traduce nel permesso di organizzare parate gay”. Ora, per magnificare le gesta eroiche dei suoi militi che «combattono spalla a spalla», Putin attinge direttamente alle Sacre Scritture: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per gli amici».
Citazione sacrilega, certo, come denunciano i nostri teologi. Impugna il Vangelo di Giovanni, per giustificare i massacri di Irpin o di Mariupol. Ma tutto si tiene, nel delirio bellicista e iconoclasta del Piccolo Padre di San Pietroburgo. I versetti dell’Evangelista più caro ai cattolici e il santo venerato dagli ortodossi Fedor Fedorovic Usakov, comandante di Caterina la Grande che «non perse mai una battaglia». Il progetto neo-zarista che attraverso la riconquista dell’Ucraina e delle repubbliche ex Urss deve riportare la Madre Russia a ritornare impero. E il rigetto metafisico dell’Occidente e del «liberalismo decadente e obsoleto» che rappresenta, minaccia per la risorgente Pax Russica e per la nascente Union Sacreé delle autocrazie (già ora cassaforte del 30 per cento del Pil mondiale). I micidiali Kinzhal lanciati sui civili inermi a Mykolaiv e i feroci anatemi contro i «traditori della patria» che mangiano foie gras a Miami. Le grottesche vendette economiche annunciate dalla Komsomolskaja Pravda, che proclama «abbiamo l’80 per cento del mercato mondiale delle terre rare e abbiamo i motori dei razzi Roscosmos: possiamo bloccarli, così Elon Musk dovrà usare scope volanti per il suo Space X». E le truci minacce all’Italia formulate dal portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, che ci rinfaccia gli aiuti al tempo del Covid e ipotizza «conseguenze irreversibili» ai danni del nostro Paese.
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