Italia, 60 miliardi per la Difesa

Al momento l’Italia è all’1,4%. Secondo i dati Nato forniti dalla Difesa potrebbe arrivare all’1,5 entro l’anno. Una cifra simile, 1,54, dovrebbe essere fissata nel Documento di economia e finanza che il governo approverà a giorni. La guerra in Ucraina è stato un acceleratore, ma Guerini lavora sul target del 2% da più di due anni, da quando si è seduto alla Difesa con Giuseppe Conte premier. Ha detto che punta a un «passaggio graduale» dai 25 miliardi attuali ai 38 miliardi l’anno. L’arrivo di Mario Draghi non ha cambiato la strategia. Anzi, come più volte ripetuto in queste settimane di guerra, il presidente del Consiglio è convinto che non bisogna avere timidezze. Sulla fedeltà alla Nato, sul progetto di Difesa europea, e anche sull’invio delle armi alle truppe ucraine che resistono all’aggressione di Vladimir Putin.

Guerini può rivendicare di aver iniziato un percorso prima della storica decisione del cancelliere Olaf Scholz, presa sull’onda dell’indignazione per l’attacco a Kiev. A fine febbraio la Germania ha rotto un tabù annunciando la creazione di un fondo per la Difesa di 100 miliardi di euro. Uno strumento non così diverso da quello italiano: nel caso dei tedeschi però, per avere una disponibilità di cassa immediata, sarà finanziato dalla KfW, l’istituto che è l’equivalente della Cdp. Scholz ha detto che vuole muoversi rapidamente per raggiungere l’obiettivo Nato e offre una sfida, prima di tutto culturale, all’Europa che dibatte di riarmo e pacifismo.

Dal 2015 le spese militari dell’Italia, nonostante le pressioni degli Usa, hanno galleggiato sempre attorno all’1,2% di Pil. Dal 2019 la tendenza si è invertita. Guerini, che due giorni fa si è beccato l’etichetta di «falco» dal governo russo, vuole andare avanti. Non solo per la minaccia di questi giorni. La concorrenza tecnologica globale è una partita complicata. O si gioca, o no. Anche perché ci sono due nuovi domini da presidiare: lo spazio e il cyber. «La Difesa è qualcosa di più che parlare di armi e basta. E’ ricerca e industria» ripete sempre. E il salto tecnologico, secondo fonti del ministero, è possibile solo con risorse certe, spalmate su quindici-venti anni, e non negoziate ogni anno.

Oggi Guerini sarà a Bruxelles con il ministro Luigi Di Maio alla riunione del Consiglio europeo nel formato Esteri-Difesa per discutere l’approvazione dello Strategic compass, il documento sulle priorità strategiche per i prossimi «cinque-dieci anni» a cui l’Ue lavora dal 2020 e che è stato rivisto alla luce dello scenario stravolto dalla guerra. A Versailles, dieci giorni fa, i leader hanno decretato una spesa nazionale maggiore per la Difesa, un maggiore coordinamento dell’industria degli armamenti, dell’intelligence, ma mantenendo intatta la necessità di cooperare con la Nato. Per Draghi e per Guerini è essenziale evitare sovrapposizioni. Per questo l’Italia ha chiesto di inserire il rispetto degli impegni con l’Alleanza. È la Nato, secondo il premier e il ministro, a definire il perimetro di sicurezza e ad avere in mano il deterrente nucleare. In questo quadro, le ulteriori risorse europee possono servire a razionalizzare gli investimenti, a cofinanziare l’avvio di progetti industriali e al primo nucleo di intervento rapido, che il rapporto prevede composto da 5 mila uomini e operativo dal 2025.

LA STAMPA

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