Noi e l’Ucraina: l’appello e l’impegno
Dal canto suo Zelensky non ha usato la tribuna del nostro Parlamento per cercare l’effetto retorico. Non ha fatto paragoni con la nostra storia, come pure aveva fatto con altri Paesi, e nonostante tutti coloro che davano per certo un confronto con la Resistenza o un accenno a Bella Ciao, la canzone internazionale della libertà che anche a Kiev oggi si canta. La sua è stata una scelta saggia, perché la storia non si ripete mai, e quella ucraina è abbastanza drammatica di suo per aver bisogno di paragoni. Non ha neanche detto una parola contro la Russia, e non ha neanche citato personalmente Putin. Ha chiesto solo aiuto a fermare la guerra e la distruzione del suo popolo: facendo pagare un prezzo all’invasore, con altre sanzioni e con il blocco dei beni dei cleptocrati amici del Cremlino, che vengono a spendere nel nostro Paese, nelle loro ville e sui loro yacht, i loro immensi patrimoni. Ha chiesto aiuto ad evitare che Mariupol, una città grande quanto Genova, possa essere distrutta; o Kiev, culla della civiltà slava quanto Roma lo è stata di quella latina.
Zelensky non ha detto insomma nessuna di quelle cose per cui i suoi critici da salotto televisivo lo accusano ogni sera di bellicismo, tipo la richiesta di una «no fly-zone» o di altri armamenti. E prima di collegarsi con Montecitorio aveva anzi esplicitamente affermato che è pronto a discutere di tutto, dalla Crimea al Donbass, purché Putin accetti di trattare con lui, unica garanzia di un dialogo vero, e si fermi la guerra, si fermi il sacrificio di migliaia di civili, di donne e bambini.
Una richiesta sacrosanta, e un appello al negoziato per ottenere il cessate il fuoco. A chi da noi sostiene che l’Ucraina, sotto minaccia di morire come nazione, deve trattare, ma si guarda bene dal rivolgere la stessa intimazione a chi la guerra l’ha cominciata, e di trattare non sembra avere alcuna voglia finché non ha preso abbastanza scalpi sul terreno da poter dichiarare vittoria, il presidente ucraino ha dato ieri una prova di moderazione e di amore per il suo popolo martoriato. Non è vero che si è illuso di poter vincere. Ma è sicuro che il suo popolo non può e non deve perdere. E noi con lui.
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