Guerra Russia-Ucraina, l’ora dei traditori
Domenico Quirico
Ecco, ci siamo. Tutto ciò era già scritto. Siamo nella guerra in Ucraina all’ora dei traditori, dei doppiogiochisti, delle quinte colonne. Espressione che riporta alla guerra di Spagna, l’assedio di Madrid. Erano in azione allora colleghi non troppo remoti di Vladimir Putin il Cacciatore di Spie che forse li ricorda con simpatia; in fondo fino a un certo punto della sua vita è andato sulle pedate di chi lo aveva preceduto. Si inventarono, sì inventarono, gli antenati del Kgb in trasferta castigliana la quinta colonna franchista (quattro erano quelle, vere, verissime, che assediavano la città).
Si gridava che i traditori erano già nascosti, impegnati a sabotare, riferire, spiare, diffondere false notizie. Per poi scendere in strada al momento risolutivo in micidiale coincidenza con l’assalto del Tercio e dei marocchini dagli affilati coltelli. Mai esistita la quinta colonna. Eppure talmente ben inventata da giustificare un accurato repulisti di supposti tiepidi, anarchici, trotzchisti e altra mala genia di eretici del Verbo moscovita. Che era il vero scopo della bugia.
Debutta anche in Ucraina la scura stagione dei sospetti: pericolosissima perché non solo aggravano il carattere di certi reati, dal sostegno aperto al nemico al tiepidismo sulla guerra ad oltranza, ma possono anche giustificare l’eliminazione preventiva degli individui pericolosi vale a dire i sospetti di diventarlo. Il preannuncio del regolamento di conti dopo la fase dell’unità contro il nemico o dell’operazione speciale.
Altre guerre sono una serie di battaglie, questa è una serie di tragedie. Il campo di battaglia non ha confini né lunghezza né larghezza né profondità. Non ha forma né sagoma, è davanti alle prime linee e dietro e nelle strade in rovina, con i marciapiedi deserti, cosparsi di bossoli, e un certo odore di calcinaccio sospeso nell’aria. Il Nemico è ovunque.
Mi sembra di sentire le proteste dei bempensanti: ma c’è la guerra! Volete forse che gli ucraini abbiano il tempo, mentre il russo li azzanna alla gola, di fare le indagini, i distinguo, scavare tra i sospetti? Le indagini la giustizia non hanno nulla a che fare con tutto questo, con il sospetto, la paura del tradimento. La giustizia è affidata a magistrati giudici giurati. Qui si annuncia di voler individuare e punire, subito, alcuni uomini: tipi insospettabili nella loro banalità innocua fino a un minuto prima, ottimi mariti e padri e onesti contribuenti, anche patrioti ferventi; oppure generali indispensabili, importanti, eroi. Fino a un attimo prima. Poi diventano traditori. Biografie difficili da illuminare quelle dei traditori presunti: se ci fosse tempo scavando si troverebbero bassi interessi come il denaro o l’ambizione oppure malafede orgoglio, invidia, dissensi pratici e ideologici sulla guerra. Ci vorrebbe tempo… appunto quello che in una guerra come questa non c’è.
Fino a ieri la caccia al traditore di bassa lega, al filo russo pronto a guidare gli invasori con segnali segreti alle spalle dei difensori si esauriva nel sospetto del passante che agitava troppo il telefonino o aveva un aspetto losco. Un documento dimenticato o non in regola poteva esser preso a prova di una esistenza infame. Siamo nella norma della psicosi: ci pugnalano alle spalle! Succede, in una guerra che per la lunga storia comune dei due contendenti che il secolo breve ha divaricato bruscamente assomiglia a una lotta fratricida.
E poi la Russia è un Paese che è specialista nella guerra delle ombre, nell’infiltrazione subdola, è un Paese dove il servizio di spionaggio ha addirittura preso il potere, è diventato Stato. Ci sono certo buone ragioni per moltiplicare le attenzioni, per suonare la campana a stormo dell’allarme. Poi con il passare dei giorni e delle sofferenze che paiono interminabili tutto sembra ancor più avvolto dalla ragnatela della paura, del sospetto.
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