Dall’Algeria alla Libia, più gas in arrivo per l’Italia (per azzerare la dipendenza da Mosca)

di Fabio Savelli

Dall'Algeria alla Libia, più gas in arrivo per l'Italia (per azzerare la dipendenza da Mosca)

Ventinove miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il 38% del nostro fabbisogno di metano arriva dalla Russia. Vanno sostituiti in fretta per azzerare la nostra dipendenza da Mosca che ora pretende il pagamento in rubli. La diversificazione delle fonti energetiche è partita il giorno stesso dell’invasione dell’Ucraina e ora il lavoro del governo per smontare la relazione stretta con Mosca, amplificata in questi anni, comincia a dare i suoi frutti con nuove forniture dall’Algeria, la Libia, il Mozambico e l’Angola in coerenza con le ultime missioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Ieri il titolare della Farnesina, in visita a Baku, ha confezionato un nuovo accordo con l’Azerbaijan che innalza a 9,5 miliardi di metri cubi il flusso di metano che transita dal gasdotto Tap anche per Turchia, Grecia ed Albania. Attualmente, per il punto di approdo di Melendugno in Puglia, arrivano fino a 7 miliardi di metri cubi all’anno. A regime Tap potrebbe farne dieci. Ieri l’accordo col governo azero aggiunge 2,5 miliardi di metano alle nostre forniture, ma non è escluso che nei prossimi mesi si possa «tirare» fino alla sua capacità massima. L’attività di Di Maio, di concerto con l’Eni, principale acquirente di gas, prevede una pletora di Paesi-fornitori. Il principale è l’Algeria su cui si è speso in prima persona Mario Draghi. Che ha avuto un colloquio telefonico due giorni fa col presidente algerino Abdelmadjid Tebboune rinverdendo il partenariato energetico tra i due Paesi.

Le linee al Sud

D’altronde per coprire 29 miliardi di metri cubi serve molto di più. La strategia di governo prevede tra i 9 e gli 11 miliardi di metri cubi aggiuntivi in gran parte dall’Algeria e in misura minore dalla Libia. I punti di approdo sono a Mazara del Vallo e a Gela. Gasdotti che in questi anni hanno lavorato a scartamento ridotto e ora sono chiamati a spingere gas per pompare anche i nostri stoccaggi che in estate si riempiono per poi ridursi in inverno. Al 31 marzo, calcola Gie Agsi, l’Italia ha il 29,91% di riserve di gas che sarebbero destinate a crescere fino al 90% entro fine settembre per coprire la richiesta invernale. Non giova l’attuale andamento dei prezzi della commodity. Ieri il TTF (il gas scambiato sulla piazza di Amsterdam che funge da riferimento per l’Europa) quotava 114,7 euro a megawattora, valore in linea con i massimi storici di queste settimane. Dunque comprare ora conviene poco, ma è meglio farlo per non trovarsi a secco dopo. Per questo Di Maio, unendosi alla proposta italiana del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha chiesto ieri all’Europa di avere «coraggio» introducendo «un tetto massimo al prezzo del gas». Il potere negoziale dell’Europa nei contratti di fornitura con i produttori di gas sarebbe superiore a quello dell’Italia singolarmente ma la proposta vede alcuni Paesi nordici, in testa l’Olanda, restii ad accettarla.

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