Il risiko del gas
FRANCESCO OLIVO
ALGERI – ROMA. Due fotografie. La prima, un mese fa a Villa Madama. Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il premier spagnolo Pedro Sánchez riesumano l’asse europeo del Mediterraneo, con Portogallo e Grecia, per far fronte comune alla sfida energetica sui prezzi imposta dalla guerra in Ucraina. La seconda verrà scattata questo pomeriggio nei saloni del palazzo presidenziale El Mouradia di Algeri: Draghi e il presidente Abdelmadjid Tebboune si stringono la mano per sancire l’accordo che permetterà all’Italia di aumentare di almeno 9 miliardi di metri cubi in più, la fornitura proveniente dal Paese nordafricano. Una quantità che vale circa un terzo del totale, 29 miliardi, della dipendenza italiana dal metano di Mosca.
Apparentemente non c’è alcuna contraddizione tra le due fotografie. Di certo testimoniano l’attivismo del premier italiano, impegnato a liberarsi dal cappio energetico di Vladimir Putin attraverso un piano di contratti bilaterali e di diversificazione geografica delle fonti. Ma contestualizzando i due eventi nel quadro delle nuove geometrie diplomatiche il risultate che se ne trae è che sul gas nel Mediterraneo si è aperto un risiko che tiene in equilibrio interessi differenti e competizioni incrociate.
Dall’altra parte del Mediterraneo, in Spagna, si nota una coincidenza: poche ore dopo l’annuncio del viaggio di Sánchez in Marocco, per suggellare il nuovo patto con il re Mohammed VI, l’Algeria ha invitato Draghi, anticipando una visita che era prevista per una data successiva al 2 maggio, giorno del fine del Ramadan. Una ripicca dovuta al colpo di scena del mese scorso, quando il governo di Madrid, rompendo alleanze che duravano da quasi mezzo secolo, ha riconosciuto di fatto la sovranità di Rabat sul Sahara occidentale, l’ex colonia spagnola che da anni reclama l’indipendenza, forte di una risoluzione dell’Onu che prevede un referendum di autodeterminazione. In una lettera a Mohammed VI Sanchez ha parlato di «autonomia» come soluzione «più ragionevole».
In cambio il Marocco promette di allentare la pressione migratoria su Ceuta e Melilla, le due enclave spagnole in Nordafrica, tema particolarmente urgente, vista la crisi alimentare che la guerra ucraina sta per provocare nel continente. Scaricare l’alleanza storica con il Fronte Polisario è costato caro a Sánchez, sul piano interno (tutto il parlamento gli ha votato contro) e su quello esterno. Chiusa una crisi, infatti, per la Spagna se ne apre un’altra: quella con l’Algeria, da sempre alleata del popolo saharawi e per questo in pessimi rapporti con il vicino marocchino. La crisi tra i due Paesi magrebini precede il terremoto ucraino: nello scorso mese di novembre l’Algeria ha chiuso il gasdotto Maghreb-Europa (Gme) che pompava il gas fino alla penisola iberica passando per il Marocco. La nuova era dei rapporti ispano-marocchini ha avuto ricadute nel complesso negoziato sul prezzo del gas in corso ad Algeri. Non è un caso quindi che la Sonatrach abbia deciso che il costo a metro cubo «possa essere ricalcolato», come ha spiegato l’ad Toufik Hakkar.
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