La forza (a metà) di Macron: una lezione dalla Francia
Comunque, egli è ora lo statista più forte e autorevole d’Europa. Tramontata l’era Merkel, l’esecutivo tedesco sta già mostrando gli ondeggiamenti e le incertezze che sono propri di tutti i governi di coalizione. Macron, sempre che possa contare, dopo il voto di giugno, su una forte maggioranza parlamentare, sarà in grado di esercitare, verosimilmente, una grande influenza sui prossimi passi della Unione europea. Inoltre, per almeno un anno, fino alle elezioni italiane del 2023, potrà anche contare sull’appoggio e la cooperazione del governo di Mario Draghi. Possiamo aspettarci dalla Francia un forte calcio d’avvio al processo di costruzione di una difesa militare europea. Inoltre, è probabile che da lui venga un contributo decisivo alla revisione dei trattati e, in particolare, al superamento di quella regola dell’unanimità che ha rallentato e spesso anche bloccato l’integrazione europea.
Ma le elezioni francesi ci dicono anche un’altra cosa. Ci dicono che le ragioni di preoccupazione per il futuro delle democrazie europee, e dell’Occidente nel suo insieme, non sono affatto superate. Dagli Stati Uniti alla Francia, dall’Italia alla Spagna, una insoddisfazione diffusa e un rabbioso rancore nei confronti dei rispettivi establishment, alimenta correnti illiberali che non appaiono debellabili e che un giorno potrebbero far saltare il banco, mettere la parola fine sulla storia della democrazia liberale.
Sfidato dall’esterno (dalle potenze autoritarie) e dai movimenti illiberali all’interno, l’Occidente resta in grave affanno. Una parte delle sue élites se ne rende conto. Ma un’altra parte, a giudicare da quanto viene detto e scritto da molti, non lo ha ancora capito. E ciò complica il compito di chi ha il dovere istituzionale di fronteggiare quella doppia sfida.
Proprio a questo proposito va ricordato un grande merito di Macron. Da solo esso basta per riconoscerne la statura politica. È stato osservato che in queste elezioni francesi, il tema dell’immigrazione non è stato affatto centrale. È difficile non riconoscere che le posizioni di Macron sull’argomento hanno contribuito a togliere un’arma, in teoria potentissima, dalle mani dei sovranisti anti-establishment. La posizione di Macron sull’immigrazione unisce accoglienza e rigore. Cerca di tenersi lontano sia dal lassismo («accogliamoli tutti e come va va») sia dalla xenofobia anti-immigrati («fuori tutti»). Ricordiamo, per esempio, la sua posizione fortemente ostile nei confronti delle componenti integraliste dell’immigrazione islamica. E la ferma opposizione al controllo delle moschee da parte di movimenti estremisti. Macron ha scelto la strada giusta, l’unica possibile, per governare l’immigrazione: accoglienza sì ma secondo regole, a tutela dei francesi, che non possono essere violate. Gli italiani, di destra e di sinistra, farebbero un’ottima cosa se andassero a lezione da lui.
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