Intervista a Papa Francesco: «Putin non si ferma, voglio incontrarlo a Mosca. Ora non vado a Kiev»

di Luciano Fontana

Intervista a Papa Francesco: «Da Putin non abbiamo ancora ricevuto risposta. Zelensky? L’ho chiamato il primo giorno di conflitto, ma ora non è il momento di andare a Kiev. Ho parlato 40 minuti con il patriarca Kirill, gli ho detto: non siamo chierici di Stato. L’Italia sta facendo un buon lavoro, oggi l’intervento al ginocchio»

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Papa Francesco, 85 anni (Vatican Media/LaPresse)

La frase l’ha ripetuta molte volte, in questi giorni. Con garbo e un largo sorriso. Ed è la prima cosa che dice (al colloquio partecipa Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere) appena entrati nel salotto di Santa Marta: «Scusatemi se non posso alzarmi per salutarvi, i medici mi hanno detto che devo stare seduto per il ginocchio ».

Oggi papa Bergoglio dovrà fare un piccolo intervento, una infiltrazione, per superare un dolore che non gli permette di muoversi, di partecipare nel modo che vorrebbe alle udienze e agli incontri con i fedeli. «Ho un legamento lacerato, farò un intervento con infiltrazioni e si vedrà — racconta —. Da tempo sto così, non riesco a camminare. Una volta i papi andavano con la sedia gestatoria. Ci vuole anche un po’ di dolore, di umiliazione…».

Ma non è questa la preoccupazione principale del Pontefice. Parlare di quello che sta accadendo nel cuore dell’Europa (leggi qui tutti gli aggiornamenti in diretta sulla guerra) gli provoca tormento. «Fermatevi», fermate la guerra è l’appello che ha gridato dal 24 febbraio scorso, quando le armate russe hanno invaso l’Ucraina e morte e distruzioni sono diventate un elemento terribile delle nostre vite di europei. Lo ripete ancora, quell’appello. Con lo sconforto di chi vede che non sta accadendo nulla.

C’è una vena di pessimismo nelle parole con cui Bergoglio ricorda gli sforzi che sta facendo, insieme al segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin («Davvero un grande diplomatico, nella tradizione di Agostino Casaroli, sa muoversi in quel mondo, io confido molto in lui e mi affido»), per ottenere almeno il cessate il fuoco.

Il Pontefice mette in fila tutti i tentativi e ripete più volte che è pronto ad andare a Mosca. «Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono — dice papa Francesco — Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto “per favore fermatevi”. Poi ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento. Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa».


La Nato e il Cremlino
La preoccupazione di papa Francesco è che Putin, per il momento, non si fermerà. Tenta anche di ragionare sulle radici di questo comportamento, sulle motivazioni che lo spingono a una guerra così brutale. Forse «l’abbaiare della Nato alla porta della Russia» ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. «Un’ira che non so dire se sia stata provocata — si interroga —, ma facilitata forse sì».

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