Il pacifismo non è obsoleto: sulla guerra è giusto farsi domande

Nei circoli del Pd dell’Emilia, di Bologna, il Nazareno deve mandare emissari a fare seminari, dare spiegazioni non sempre accolte con favore. L’arcivescovo Matteo Zuppi dice che il miglior esercito che abbiamo è quello della solidarietà. La vicesindaca di Bologna Emily Clancy dice che è da pazzi reclutare i pacifisti come filoputiniani, e partecipa alla riunione convocata a Roma da Michele Santoro al teatro Ghione. Più del 40 per cento degli italiani è contrario all’invio di armi, dicono i sondaggi. Il Nazareno manda i suoi nei circoli, a motivare la linea non così condivisa. Gianni Cuperlo al circolo della Marulina a Casalecchio, per esempio, in cui c’è Antonio Salvati che chiede: «Tutti vogliono aiutare l’aggredito, ma non è chiaro se sia per trattare o vincere. C’è una bella differenza». Vincere cosa e per conto di chi. Roberto Morgantini, delle Cucine Popolari, non è andato alla marcia di Assisi e ha molti dubbi sulla posizione definita filorussa dell’Anpi, associazione partigiani. Se gli ucraini chiedono armi per difendersi sono armi, non coperte e medicine, quello che dobbiamo dargli – dice Morgantini pacifista e partigiano della prima ora. Così Cecilia Strada, subito derubricata a traditrice della causa. Come in quel film, quella serie tv brasiliana sulla rivolta degli ultimi: chi è con la Causa? Qual è la Causa? Non è che stiamo aiutando i profughi ucraini perché sono bianchi e abbiamo schifato i derelitti del Sudan perché erano neri?, domanda il presidente di Baobab Andrea Costa, sotto processo per aver dato 250 euro a nove africani in transito verso Ventimiglia e acclamato quando va a prendere ucraini in fuga. E poi c’è anche da registrare che molti ucraini, oggi, tornano indietro.

La guerra è lunga. Meglio tornare a casa che stare senza panni a casa di nessuno. Il pacifismo è dunque obsoleto? O bisogna invece chiedere una deroga alla legge dell’audience: silenziare un momento le vecchie glorie in debito di consenso, i neofenomeni, le videostar in eccitazione da consenso e domandarci ok, certo che si deve aiutare chi è aggredito, ucciso, violentato a casa sua – e non importa se ci piace o non ci piace, il battaglione Azov e il resto di contorno, che dappertutto i neofascisti ambiscono a governare – si aiuta chi è aggredito. Certo che dobbiamo farlo. Ma qual è il disegno, in nome di cosa si combatte, perché? Porgi l’altra guancia non funziona in tempo di guerra. O uccidi o muori. Il cattolicesimo vacilla. Bisogna difendersi dal genocida, è evidente. Armarsi, se servono armi a difendersi. Ma alla fine, è anche questa una domanda: dove stiamo andando, in cerca di cosa, con chi. Nella foto più grande, nel disegno della Storia, è legittimo chiederselo. Non sempre la storia si capisce mentre accade, è successo a noi col Fascismo ai tempi delle deportazioni. Questa volta volendo, applicandoci, potremmo. Penserete, ora: non è chiaro cosa hai voluto dire. Sì, è così. Avevo avvertito. Non è chiaro quel che accade, d’altra parte, e non ci servono eserciti nemici – opinionisti in rissa – a capirlo meglio. Torniamo a domandarci perché. Con calma, con giudizio, senza offesa per nessuno.

LA STAMPA

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