Non si può far tacere chi è contro l’aborto

Vladimiro Zagrebelsky

Ancora una volta una campagna dell’associazione Pro Vita contro l’aborto incontra la reazione di associazioni che promuovono per le donne la libertà di abortire. Invece di contrapporre argomenti, vogliono zittire chi pensa diversamente. Secondo loro quei manifesti sarebbero offensivi di una legge dello Stato e della libertà di scelta delle donne. Per questo chiedono alla autorità pubblica di vietarne l’affissione. Ma la critica delle leggi è ovviamente libera, così come lo è la proposta di modificarle, per restringerne la portata o per allargarla. Non solo, ma libera è anche la propaganda diretta a non usufruire di possibilità che la legge ammette.

Si tratta, a Torino, di grandi manifesti che riproducono l’immagine di un feto cui si aggiunge la scritta: “Potere alle donne? Facciamole nascere”. È un messaggio che non ha nulla di violento o offensivo. Può non esser condiviso naturalmente, così come dall’altra parte può non esser condivisa la posizione di coloro che interpretano la legge italiana come base di una pura e semplice libertà delle donne. In realtà la legge italiana regolamenta la interruzione volontaria della gravidanza, ammettendola se, per la donna, “la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali, o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsione di anomalie o malformazioni del concepito”. Fuori di quei casi, non esiste un diritto rimesso alla scelta della donna. In altri Paesi europei le leggi sono diverse, alcune molto restrittive, altre con pochi limiti. Dalla Corte europea dei diritti umani la legge italiana è stata riconosciuta equilibrata e rispettosa dei contrastanti diritti ed esigenze di tutela. Nello stesso ordine di idee si è mossa la Corte costituzionale. È significativo che entrambe le Corti -così come d’altronde il dibattito sempre aperto nella società- abbiano dovuto affrontare il problema posto dal conflitto di argomenti, valori, diritti che sono tutti seri, ma conducono verso soluzioni divergenti. Basti pensare da un lato alla protezione delle prospettive di vita del feto e dall’altro all’esigenza di contrastare la piaga degli aborti clandestini, di cui lo Stato non può non farsi carico. Argomenti non solo contrastanti, ma anche del tutto eterogenei nel loro fondamento. Il loro contemperamento rimane naturalmente aperto alla discussione e alla critica.

Il tema dell’aborto è tra i più divisivi, non solo in Italia. Negli Stati Uniti lo scontro è fortissimo in attesa di una sentenza della Corte Suprema e gruppi di fondamentalisti cristiani sono arrivati a sparare a medici che, conformemente alla legge, praticano gli aborti. Anche in Francia, analoghi gruppi sono ricorsi alla violenza. La polemica odierna in Italia ripropone un conflitto che già si manifestò a Roma anni orsono. Come già in quella circostanza, la pretesa di ottenere la censura mise in chiaro che in gioco vi era la libertà di espressione. E già allora fu necessario reagire, anche su questo giornale, in difesa della libertà, mentre la giunta comunale romana accettava di far rimuovere i manifesti. E oggi è ancor più indispensabile tenere il punto e non concedere nulla alle pretese della intolleranza. La guerra in Europa è tragica per tanti versi, ma è gravissima anche perché è giustificata (governo e chiesa ortodossa russa) con il disprezzo per le libertà dell’Occidente.

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