L’India aggira le sanzioni occidentali: il «doppio gioco» di Modi

di Federico Rampini

Delhi e Mosca stanno mettendo a punto un meccanismo finanziario per facilitare i pagamenti e gli scambi fra rublo e rupia: più acquisti di energia dalla Russia, a prezzi scontati.

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I motori dell’Air Force One erano ancora caldi per la lunga trasferta di Joe Biden in Asia, dove il presidente americano aveva partecipato anche a un vertice del Quad, il quadrilatero strategico in funzione anti-Cina che include India, Giappone, Australia. Ed ecco che da Delhi è arrivato l’ennesimo tradimento. Altro che allinearsi con l’America sulla guerra in Ucraina. Il governo di Narendra Modi ha annunciato che l’India continuerà a comprare petrolio dalla Russia. Più di prima.

Delhi aggira le nostre sanzioni

Delhi e Mosca stanno mettendo a punto un meccanismo finanziario per facilitare i pagamenti e gli scambi fra rublo e rupia aggirando le sanzioni occidentali contro Vladimir Putin. L’India si sta comportando in modo perfino più «sfacciato» della Cina. Le aziende di Stato cinesi sono più circospette nelle loro transazioni con la Russia perché non vogliono finire a loro volta sulla lista nera delle sanzioni. Il governo Modi invece procede alla luce del sole, incrementa i propri acquisti di energia dalla Russia, e lo fa con grande abilità negoziale: ottiene sconti molto sostanziali rispetto ai prezzi di mercato. L’India compete con la Cina per diventare il più grosso sbocco per l’energia fossile russa.

Narendra Modi sfrutta la rendita strategica

Il fatto di essere parte del «club delle democrazie», corteggiatissimo da Washington, non impedisce che sulla Russia il governo Modi continui a dissociarsi dall’Occidente. Anzi, proprio perché l’America non può fare a meno dell’India nelle sue strategie di contenimento della Cina, Delhi ne approfitta per esercitare la massima libertà e autonomia in altri campi.
Il doppio gioco non sfugge agli americani, anzi li allarma. Tant’è che Biden ha spedito in missione speciale un viceministro, responsabile per la repressione dei finanziamenti al terrorismo, che conduce colloqui con gli omologhi indiani. Per adesso senza alcun frutto: un consorzio di aziende indiane si sta facendo avanti addirittura per rilevare gli interessi della Shell nel progetto energetico russo Sakhalin-2.

Le radici antiche dell’autonomia indiana

Come si spiega il «disallineamento» strategico dell’India dall’Occidente, nonostante le attenzioni di cui la mega-democrazia asiatica viene circondata dall’Amministrazione Biden? Anzitutto c’è la storia: l’India fu uno dei paesi-guida nel movimento dei non-allineati, ovvero del Terzo mondo, cioè quell’insieme di nazioni che durante la prima Guerra fredda non vollero fare una scelta di campo precisa fra il blocco occidentale e quello sovietico. Peraltro durante la prima Guerra fredda l’India era più vicina alla sfera sovietica che a quella americana, e risalgono a quei tempi dei legami economici tuttora solidi: oltre all’energia anche le armi. L’India, che con un miliardo e 400 milioni di abitanti ha ormai eguagliato la stazza demografica della Cina, ha sempre pensato che il suo avversario vero è Pechino; di conseguenza non vuole avere rapporti ostili con l’altro gigante asiatico che è la Russia. L’autonomia in politica estera è considerata un valore prezioso della tradizione indiana e ancora in questi giorni un alto esponente indiano a Davos ce lo ha ricordato: «Voi occidentali vedete il mondo in bianco e nero, noi vediamo molte sfumature di grigio».

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