Ucraina, dagli Usa lanciarazzi a lungo raggio: un aiuto militare, ma anche un messaggio politico
La prima «ondata» di armi ha permesso un «contenimento», ha provocato perdite tra i russi ma non poteva certo imprimere una svolta. Così, a metà marzo, gli americani sono passati ai droni-kamikaze Switchblade: pesano 3 chilogrammi, sono trasportabili in uno zaino, hanno un costo relativamente basso — 6 mila dollari — e un raggio d’azione di 11 chilometri. Prima il modello 300, in seguito il più potente 600, adatto a neutralizzare i tank. Parallelamente gli alleati hanno dirottato verso Kiev gli anti-aerei SA-8 di fabbricazione sovietica e gli S-300 «offerti» da partner dell’Est Europa. Sono utili contro caccia o elicotteri a quote più alte, inoltre sono già in uso all’esercito di Zelensky e ciò fa guadagnare tempo. Neppure questo sforzo ha placato però gli appelli della resistenza.
Gli ucraini hanno sollecitato una mossa ulteriore: carri armati, aerei, armi pesanti per provare a riconquistare territorio. Gli Stati Uniti hanno risposto nei primi giorni d’aprile, dopo che la resistenza aveva respinto gli invasori nell’area di Kiev e Chernihiv. Di nuovo si è scelta la triangolazione: Polonia, Slovacchia e altri hanno tirato fuori modelli simili a quelli usati dagli ucraini, come i T-72 e i Pt-91. Quando lo scontro è diventato più intenso nel Donbass è arrivato il gradino successivo: i primi elicotteri pesanti Mi-17, oltre 90 cannoni M777 da 155 millimetri con 183 mila munizioni, che possono colpire un bersaglio a circa 30 chilometri e sono necessari per contrastare l’artiglieria russa. Se i soldati sono bene addestrati possono tirare 4 colpi al minuto. Nell’arsenale di Kiev sono confluite batterie messe a disposizione da numerosi stati occidentali, Italia inclusa. I treni hanno trasferito semoventi corazzati, mortai, blindati subito avviati verso il fronte. Insieme a scudo e lancia il supporto cruciale dell’intelligence.
Tra la fine di aprile e metà maggio c’è stato un altro momento importante, proiettato verso il futuro. Al vertice di Ramstein, in Germania, i Paesi donatori hanno deciso una transizione dell’esercito ucraino verso i prodotti Nato, che permetterà di fornire armi e soprattutto munizioni — di cui c’è continua necessità — senza doverle racimolare alla «fiera» dell’Est Europa, per ora irrinunciabile: si racconta di caccia arrivati «smontati» o presentati come pezzi di ricambio. A cementare il tutto una decisione per dare continuità. Il 10 maggio gli Stati Uniti hanno approvato lo Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, una legge per velocizzare le spedizioni di aiuti bellici a Kiev grazie a una procedura semplificata: una cornice larga, che potrebbe contenere sistemi oggi non inclusi nei «pacchetti». La loro concessione dipenderà dal potere politico e dall’andamento della guerra.
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