Stipendi, il monito di Visco: “Non seguano la corsa dei prezzi”
PAOLO BARONI
ROMA. L’inflazione fa segnare un’altra fiammata record, ma per il governatore di Bankitalia bisogna tener duro ed evitare di innescare una rincorsa tra prezzi e salari, a suo giudizio «vana», limitandosi semmai a concedere aumenti una tantum. Visco ha da poco iniziato a leggere le sue «considerazioni finali» che l’Istat scodella i dati preliminari sui prezzi a maggio. Ed è uno choc: dopo il calo di aprile legato alle misure del governo, l’indice sale di 0,9 sul mese precedente e addirittura di 6,9 punti rispetto al 2021. Si tratta di un livello che non si registrava dal 1986 e che per i consumatori si traduce in media in una stangata da 2.421 euro a famiglia.
Colpa (ancora) del caro energia (+42, 2% in 12 mesi), ma anche dei rincari di alimentari e trasporti. Il risultato finale è una inflazione acquisita per il 2022 che sfiora al 5,7% ed una inflazione di base al 3,5% che desta a sua volta allarme. Inevitabile che ripartano le polemiche sulla perdita del potere dei salari su cui tornano ad insistere i sindacati.
Per Visco la guerra sta determinando «un significativo rallentamento dell’economia mondiale» e a suo giudizio l’inflazione resterà a livelli elevati quest’anno per poi calare nel 2023. «L’aumento dei prezzi delle materie prime importate è una tassa ineludibile per il Paese» ha poi aggiunto. Più che la politica monetaria, che ha il compito di assicurare la stabilità dei prezzi nel medio termine, però tocca soprattutto al governo intervenire con «opportuni interventi di bilancio di natura temporanea, calibrati con attenzione alle finanza pubbliche» allo scopo di contenere i rincari delle bollette energetiche e sostenere il reddito delle famiglie. Attenzione, però: «L’azione pubblica può ridistribuirne gli effetti tra famiglie, fattori di produzione, generazioni presenti e future, non può annullarne l’impatto d’insieme».
Sui contratti, per ora, la situazione appare sotto controllo visto che non si registrano «segnali di trasmissione delle pressioni dai prezzi alle retribuzioni». Stando alla relazione annuale di Bankitalia sino ad oggi «la crescita delle retribuzioni minime stabilite dalla contrattazione nazionale è stata molto contenuta (0, 9% nel settore privato non agricolo, 0, 6% nel complesso dell’economia)». Questo perché gli accordi in vigore sono stati in larga parte rinnovati prima dell’incremento dell’inflazione e perché la debolezza della domanda ha rallentato le trattative nei settori dei servizi più colpiti dalla pandemia (commercio, ristorazione, alberghi). E anche le trattative in corso nei settori chimico-farmaceutico, delle assicurazioni e dell’energia, pur prefigurando rialzi superiori rispetto al passato, presentano nel complesso richieste moderate.
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