Embargo al petrolio russo, ecco i rischi per l’Italia
Quindi l’Italia dove lo andrà a prendere il greggio che le verrà a mancare? «Dal Nord Africa, dal Medio Oriente, dagli Stati Uniti e da Azerbaigian a Kazakistan». Insomma, la strada è tracciata, eppure Tabarelli è preoccupato dal silenzio della Russia: «Ho molta paura che risponda, che decida di tagliare subito l’export verso l’Europa e di non esportare più neanche via tubo, sia il petrolio che il gas. Speriamo che non accada».
Gli addetti
La raffineria siciliana Isab di
Priolo è di proprietà della russa Lukoil, impresa che con l’inizio del
conflitto in Ucraina, per paradosso, è stata costretta a comprare solo
petrolio di Mosca perché le banche non le hanno più fatto credito, pur
essendo un’azienda al di fuori dal perimetro delle sanzioni. «L’embargo
potrebbe costare il posto a cinquemila lavoratori, una bomba sociale per
la Sicilia», spiega il governatore Nello Musumeci. La Cgil stima 10
mila posti a rischio, indotto compreso, se la raffineria dovesse
chiudere. I sindacati chiedono la riapertura delle linee di credito nei
confronti della Isab: «La raffineria si approvvigiona al 100% di
petrolio russo da quando il sistema creditizio le ha voltato le spalle.
Prima il greggio di Mosca incideva solo per il 15%».
La svolta potrebbe arrivare dal ministero dello Sviluppo economico che sta seguendo la vertenza del petrolchimico ed è pronto a valutare la dichiarazione di area di crisi complessa. In questo caso si potrebbe ipotizzare una riconversione o una riqualificazione industriale con il sostegno di Invitalia sul modello della ex Ilva. Un progetto di questo tipo può beneficiare del cofinanziamento regionale per realizzare investimenti a carattere innovativo e per formare il capitale umano.
LA STAMPA
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