Stop alla vendita di auto diesel, benzina e gpl dal 2035: cosa ha deciso il Parlamento europeo e cosa succede ora
di Francesca Basso, inviata a Strasburgo
Le auto nuove a diesel, benzina e gpl non potranno essere più vendute nell’Ue dal 2035.
Mentre i produttori della «Motor Valley» italiana, in Emilia Romagna, avranno tempo fino al 2036 per adeguarsi alle regole Ue.
Partirà da queste basi il negoziato del Parlamento Ue con il Consiglio per arrivare alle nuove regole europee che rivedono gli standard di prestazione delle emissioni di CO2 di auto e furgoni e che fanno parte del pacchetto «Fit for 55» presentato dalla Commissione, che ha l’obiettivo di portare al taglio delle emissioni nell’Ue del 55% entro il 2030 rispetto al 1990, per raggiungere la neutralità climatica al 2050. Alla vigilia del voto era stato il vicepresidente della Commissione Ue, il socialista Frans Timmermans che ha la delega al Green Deal, a difendere la proposta dell’esecutivo comunitario.
Il Parlamento Ue si è invece spaccato sulla riforma del sistema di scambio di quote di emissione (Ets) che torna in commissione Ambiente.
Il sistema Ets rappresenta una delle principali misure dell’Ue per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori industriali a maggior impatto sui cambiamenti climatici. La riforma prevede di estenderlo al carburante per il trasporto commerciale su strada e per il riscaldamento degli edifici, e la fine delle quote gratuite entro una certa data. È invece stata approvata l’estensione del sistema Ets all’aviazione. Così come l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 57% entro il 2030.
Il respingimento del testo sulla riforma del sistema Ets ha comportato la sospensione del voto sulla «carbon tax», cioè il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (Cbam) per combattere la concorrenza di chi produce all’estero con standard ambientali inferiori, e sul Fondo sociale per il clima che dipendono entrambi in parte dal sistema Ets. Sono stati i dettagli a far saltare le alleanze, il pacchetto «Fit for 55» ha implicazioni importanti sul tessuto industriale dei diversi Paesi Ue. Non è solo la «maggioranza Ursula», composta da popolari, socialisti e liberali, a non avere tenuto (sono i gruppi che hanno sostenuto Ursula von der Leyen al momento del suo insediamento). Ci sono state divisioni anche tra i socialisti e nel Pd e tra i gruppi che in Italia sono al governo.
Ma andiamo con ordine.
Sul dossier relativo agli standard di prestazione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni nuovi,
l’emendamento del Ppe che puntava ad abbassare il taglio delle
emissioni delle auto dal 100% al 90% dal 2035 per lasciare una finestra
aperta a tecnologie alternative all’elettrico non è passato. Gli
eurodeputati hanno sostenuto la proposta della Commissione di
raggiungere la mobilità su strada a emissioni zero entro il 2035. Un
risultato che preoccupa Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia: temono
l’impatto sull’industria automobilistica italiana. Mentre per Pd e M5S
si tratta di una tappa storica nella transizione verde. Tirano invece un
sospiro di sollievo i produttori di auto di lusso.
La
deroga per i piccoli produttori di auto (da mille a 10 mila vetture
l’anno) e furgoni (da mille a 22 mila all’anno) si è allungata
dal 2030 previsto dalla proposta della Commissione al 2036 contenuto
nell’emendamento «salva Motor Valley», primi firmatari Massimiliano
Salini (FI) e Pietro Fiocchi (FdI), ma sostenuto anche tra gli altri da
Simona Bonafè e Alessandra Moretti del Pd, Silvia Sardone della Lega.
Sostegno bipartisan in Alula, il M5S si è astenuto.
Il Consiglio Ue non ha ancora definito la sua posizione negoziale sulle emissioni delle auto. Gli Stati membri dovrebbero trovare l’intesa nel consiglio Ambiente del 28 giugno. A quel punto partirà il cosiddetto «trilogo» dal quale emergerà l’accordo sulle regole Ue per i nuovi standard di prestazione delle emissioni per auto e furgoni nuovi.
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