Il segnale (forte) che arriva dalle elezioni comunali
Tra tentazioni centriste e filo-Draghi di alcune forze, inclusa quella allo stato nascente di Di Maio, e conati antigovernativi dei Cinque Stelle, il campo rimane confuso; con Letta soddisfatto per la vittoria nei ballottaggi, eppure consapevole di avere di fronte pochi mesi per una strategia tutta da costruire. Il test che si è concluso ieri sera, sovrastato dall’aggressione russa all’Ucraina e dai timori di una recessione economica, rimane dunque sullo sfondo come un monito a non dare nulla per scontato: né il voto dell’elettorato, sempre più restìo a partecipare; né rapporti di forza cristallizzati, perché troppe variabili sono nel gioco; né alleanze che in poche settimane hanno preso una piega inaspettata: a sinistra e a destra. Nelle città conta molto l’elemento personale: nei ballottaggi può perfino oscurare il tema degli schieramenti. Eppure, se una indicazione si può ricavare da questo test parziale di appena due milioni di elettori, riguarda ancora una volta la capacità di adattamento o meno del sistema dei partiti a una situazione liquida e nuova: qualcosa che imporrà sempre più l’esigenza di uscire da vecchi schemi, e misurarsi con un’opinione pubblica oscuramente consapevole della fine di una fase. Nella nuova non si tratta di dare nuove risposte a vecchie domande, ma di capire che sono cambiate le domande.
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