Sanzioni alla Russia, il negoziato più duro su petrolio e gas: Draghi strappa l’intesa in extremis

Alessandro Barbera

INVIATO A SCHLOSS ELMAU. Quando al castello di Elmau rimbalza la notizia dell’attacco missilistico russo sul centro commerciale ucraino di Kremenchuk, i leader occidentali sono riuniti con i cinque capi di Stato ospiti del vertice: India, Sudafrica, Senegal, Indonesia, Argentina. C’è chi apprende della notizia dallo smartphone, altri vengono avvicinati dagli staff. Il timing dell’attacco è più che sospetto: sono i minuti in cui viene diffusa la prima parte del comunicato finale dei Sette dedicato all’Ucraina. «Nessuno ha avuto il dubbio di una coincidenza», racconta una fonte diplomatica italiana. «Ma finché Putin farà questo gioco, ci mostreremo sempre più compatti». La posizione dei Sette sul sostegno militare e finanziario a Kiev è in effetti senza sfumature, a difesa della «sovranità e integrità territoriale» di un Paese aggredito e del suo futuro democratico. Un concetto che Mario Draghi ripeterà davanti al maxischermo da cui è collegato Volodymyr Zelensky. «Se l’Ucraina perde, sarà più difficile sostenere che la democrazia è un modello di governo efficace». Il confine fra l’Europa e l’Ucraina è ormai la sottile linea rossa che divide il mondo progredito dalle autocrazie. Ma per i leader si fa più complicato tracciarlo quando c’è da discutere gli interessi economici in gioco.

All’ora di cena, mentre i capi di Stato si intrattengono a tavola con gli ospiti, gli sherpa delle delegazioni sono impegnati in una complicata trattativa per chiudere il resto del comunicato. Sulle sanzioni all’oro russo i leader trovano l’intesa: quella è la strada con cui finora gli oligarchi russi hanno aggirato le sanzioni nei loro confronti. I punti ancora da discutere riguardano se e come introdurre un tetto al prezzo di petrolio e gas. Sul petrolio la strada è apparentemente in discesa: sin dalla mattina, nei briefing con la stampa americana, l’Amministrazione fa trapelare il suo sì. La guerra ha fatto schizzare il costo del barile su tutti i mercati, costringendo l’americano medio a pagare un gallone di benzina cinque dollari, un livello mai visto nella storia. Per evitare l’aggiramento del tetto, al tavolo si discute un meccanismo grazie al quale costringere le società di trasporto e assicurative occidentali a non accettare l’acquisto di greggio a un prezzo superiore a quello predeterminato. A complicare la trattativa ci si mettono i francesi, che insistono perché il bando venga esteso a tutto il petrolio in circolazione. Una richiesta implausibile, formulata non a caso davanti agli indiani, ma che sembra fatta apposta per far saltare il banco.

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