Carte di credito, raffica di denunce: pagamenti con il Pos, qual è il rischio
Da oggi scattano le sanzioni per commercianti, artigiani e professionisti sprovvisti di un terminale Pos per i pagamenti effettuati con bancomat, carte di credito e carte prepagate. Ogni transazione negata ai clienti comporta una sanzione di 30 euro, più il 4% dell’importo pagato in contanti. Le sanzioni, contenute nel decreto Pnrr 2, arrivano esattamente a otto anni di distanza dalla norma, datata 30 giugno 2014 che introduceva l’obbligo di accettare pagamenti con il denaro di plastica per chiunque eserciti «l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali». Dunque il vincolo vale per commercianti, esercenti e pure professionisti.
La norma che introduceva l’obbligo di Pos – il Decreto 179/2012 risaliva a due anni prima, quando nel nostro Paese era attivo un milione e mezzo di Pos, installati prevalentemente nelle filiali delle banche e negli uffici postali. Ora i Pos operativi sono 4,2 milioni. Nei dieci anni, le transazioni via Pos sono passate dagli 1,1 miliardi del 2012 ai 3,8 miliardi dello scorso anno.
Le multe trovano il plauso di alcune associazioni dei consumatori mentre, sull’altro fronte, emergono i timori delle categorie interessate.
Fra i più arrabbiati vi sono i tabaccai che domandano a gran voce l’esonero. «La lotta all’evasione fiscale, tramite l’obbligo di accettare i pagamenti con carta e bancomat, è un controsenso nel caso delle tabaccherie che sono, infatti, concessionarie dello Stato», afferma Assotabaccai. «Un inspiegabile aggravio di costi», aggiunge il sottosegretario all’Economia Federico Freni, «applicato a rivendite di prodotti tassati alla fonte, come sigarette e valori bollati». Un tema che sembra far breccia nel governo tanto che in Parlamento è stato accolto un ordine del giorno con il quale l’esecutivo si impegna a prevedere un credito d’imposta del 100% sui maggiori costi, a fronte dell’utilizzo della carta per acquisti di pochi euro, dai francobolli ai biglietti dell’autobus.
«È un provvedimento inopportuno e iniquo», afferma Confesercenti, soprattutto «per le imprese più piccole, sulle quali il costo della moneta elettronica – soprattutto nelle transazioni di importo ridotto – è già molto elevato: circa 772 milioni di euro l’anno, fra commissioni e acquisto o comodato del dispositivo».
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