Draghi vuole salvare questa maggioranza. Aperture su reddito e Superbonus

di Monica Guerzoni

Confronto schietto e rispettoso ma non c’è più intesa. Tuttavia, chiuso il caso Grillo e non affrontato il tema Ucraina, si è parlato pragmaticamente dei temi che interessano ai Cinque Stelle

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Foto d’archivio (Ap)

La chimica non è scattata nemmeno questa volta e ormai appare chiaro che non scatterà più. Ma il confronto è stato schietto e rispettoso. Conte si è sfogato, ha recriminato, ha invocato risposte alle sue proposte e però non ha strappato e questa per Draghi è la cosa più importante. «È andata bene», è il messaggio che il premier ha consegnato allo staff dopo un’ora e dieci minuti di paziente ascolto, in cui si è mostrato aperto e dialogante e ha provato a scalfire quella «durezza» che il leader del M5S rimprovera a Palazzo Chigi.

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il testo integrale

Il documento consegnato da Conte a Draghi

Grillo, caso chiuso

Ma prima Draghi ha dovuto smentire, una volta ancora, di aver ispirato la scissione e aver chiesto a Beppe Grillo di defenestrare Conte. Dopo giorni di accuse e sospetti, il leader del M5S ha preso per buone le giustificazioni di Draghi («non ho mai usato quelle espressioni») e ha dichiarato chiuso l’increscioso incidente. E così, quando la conversazione ha girato sul merito dei provvedimenti, l’approccio del premier è stato più che mai «pragmatico». Draghi vuole che il governo duri, perché il Paese è in emergenza e non può permettersi una crisi che porti al voto subito dopo l’estate. Su questo cruciale aspetto il capo dell’esecutivo si muove in asse con Sergio Mattarella, che ha fatto la sua parte per placare Conte.

Salvare questa maggioranza

Per quanto Draghi possa ritenere surreale la rappresentazione messa in scena dal M5S, il suo primo obiettivo è salvare la maggioranza, questa maggioranza. È vero che il governo ha i numeri in Parlamento anche se Conte e compagni strappano, ma il premier si è già tirato fuori: «Senza i 5 Stelle questo governo non va avanti». Parole che una fonte traduce così: «Se Conte vuole fare un altro Papeete ad agosto, Draghi se ne andrà. Nemmeno il Quirinale può chiedergli di perdere la faccia». A Palazzo Chigi aleggia il timore che Conte si ritrovi in un «cul de sac» da cui non riesce a venire fuori, anche se nel suo animo prevalgono il senso di responsabilità verso il Paese e il rispetto delle istituzioni. A questo serve il documento, a dilatare i tempi della crisi almeno fino a settembre: il M5S potrebbe cedere alla tentazione di arrivare alle elezioni in Sicilia con le mani libere, da partito di opposizione.

No al condono

Ecco allora che, davanti all’ultimatum in nove punti, Draghi ha preso tempo: «Devo leggere il documento, studiare, valutare…». E ha offerto a Conte il tempo di cui ha bisogno per provare a placare la tempesta che fa ballare paurosamente la caravella del M5S, attratta dalle sirene dell’opposizione. Per 45 minuti buoni Draghi ha ascoltato in silenzio mentre l’interlocutore leggeva e spiegava la sua missiva e solo sulle cartelle esattoriali il premier ha fatto trasparire la sua contrarietà. I condoni non sono nelle sue corde e «prima di qualsiasi intervento bisogna riformare la riscossione dei tributi. Per il resto, Draghi si è mostrato aperto e desideroso di offrire qualche risposta positiva, «purché queste proposte non siano imposizioni o aut aut». La maggioranza è larga, la coperta è corta e Draghi deve stare attento a non scatenare gelosie e appetiti negli altri partiti.

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