Gb, il dopo Johnson si gioca tutto sulla Brexit
Tra i candidati alla successione, la ministra degli Esteri Liz Truss rappresenta i falchi Brexiteer del partito: ha sostenuto la legge di modifica con forza, mantenendo una linea durissima con Bruxelles. Difficilmente la cambierà in maniera sostenziale, se dovesse vincere. Dall’altro lato della barricata Brexit, Jeremy Hunt, Tory moderato, ha votato Remain al referendum e ha spinto per una “soft Brexit”. Ma anche Hunt sembrerebbe favorevole a modifiche del protocollo per evitare un confine che spacca il Regno Unito.
A sei anni dal referendun, la Brexit è ormai digerita. L’opzione di un secondo voto per un rientro nell’Ue è esclusa, e lo sarà per chissà quanto: non è in agenda per nessuno dei principali partiti, e non c’è desiderio nel Paese di riaprire una ferita ancora fresca. Ma qualcuno tra le retrovie dei Tory suggerisce un ritorno nel mercato comune per ovviare alla crisi economica. L’inflazione è oltre il 9%, e secondo le previsioni arriverà oltre il 10% prima della fine dell’anno; i prezzi di benzina ed elettricità, ma anche dei generi alimentari, sono cresciuti vertiginosamente. Gli standard di vita si sono abbassati. Una situazione economica che nessun premoer vorrebbe ereditare.
Sul più importante dossier internazionale, quello della guerra in Ucraina, la politica di Johnson di forte sostegno a Kiev resterà quasi certamente inalterata. Ben Wallace, il ministro della Difesa, ha vinto il plauso di molti per la mano sicura con cui ha gestito la crisi, ed è ora il favorito alla successione tra gli iscritti al partito. Del resto Johnson, nel suo discorso di addio, lo aveva assicurato: «Lasciatemi dire al popolo ucraino che so che nel Regno Unito continueremo a sostenere la vostra lotta per la libertà per tutto il tempo necessario».
LA STAMPA
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