Tutte le truffe del Superbonus, dai conti esteri ai detenuti: quasi 6 miliardi sottratti allo Stato
di Fiorenza Sarzanini
Nel modulo inserito sul portale dell’Agenzia delle Entrate ha comunicato crediti d’imposta certificando di aver svolto lavori edilizi per 30 milioni di euro. Il problema è che in quel periodo era in carcere. È soltanto uno dei nuovi, eclatanti casi di truffa sui bonus edilizi scoperto grazie alle indagini avviate in tutta Italia.Sono quasi 6 i miliardi sottratti allo Stato, di cui 2 miliardi «già incassati», come ha confermato al Parlamento il ministro dell’Economia Daniele Franco.
Nell’elenco di chi ha percepito migliaia, più spesso milioni di euro, senza avere titolo ci sono cittadini già condannati per reati gravi, esponenti della criminalità organizzata, persone segnalate per aver chiesto e ottenuto il Reddito di cittadinanza nonostante fossero privi dei requisiti. Una frode di enormi dimensioni che sta rallentando, addirittura bloccando, i lavori di chi invece ha seguito le regole.
La circolare emessa il 23 giugno scorso chiarisce la procedura per la cessione del credito e ribadisce la necessità che Poste Italiane e le banche effettuino i controlli prima di erogare i soldi proprio per non ostacolare chi ha rispettato le norme.
Ma sia Poste sia gli istituti di credito hanno già subito perdite da centinaia di milioni e adesso i ritardi si accumulano penalizzando i cittadini in regola.
Il parcheggiatore abusivo
Il 28 giugno la Procura di Napoli ha disposto «il sequestro di crediti derivanti da bonus edilizi e di locazione per oltre 772 milioni di euro, vantati da 143 soggetti, tra persone fisiche e giuridiche tra le province di Napoli e Caserta». Si è scoperto che erano stati inseriti nel portale «crediti per svariati milioni di euro, a fronte di fantomatici lavori di ristrutturazione di fatto mai eseguiti».
Tra i titolari del credito «sono stati individuati anche soggetti più volte segnalati dagli investigatori per esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore, per essere risultati privi di partita Iva, per aver svolto attività d’impresa per un solo giorno, per essere risultati impegnati in settori economici differenti da quello edilizio e persino per contiguità con la camorra, sia napoletana che casertana».
Tra loro anche «un soggetto che avrebbe ricevuto lavori di ristrutturazione per oltre 34 milioni di euro e, al contempo, ne avrebbe egli stesso asseritamente eseguiti per oltre 30 milioni di euro, benché fosse in realtà detenuto presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere».
Il conto lituano e i palazzi spariti
Il 6 luglio sono state bloccate erogazioni per oltre 110 milioni di euro dai magistrati di Parma che avevano chiesto e ottenuto l’arresto di quattro persone. La società incaricata dei lavori «avrebbe ricevuto una provvista di denaro monetizzando crediti di imposta legati a “sisma bonus”, “eco bonus” e “bonus facciata”, procedendo poi a trasferire la somma all’estero su un rapporto bancario lituano riconducibile a un trust svizzero. Ma la vera sorpresa per gli investigatori è arrivata dagli accertamenti effettuati al catasto. Hanno infatti scoperto che i lavori erano stati pianificati per «281 immobili inesistenti e soprattutto 23 immobili ubicati in Comuni soppressi da tempo (anche nei primi anni del secolo scorso) e decine di altri immobili di proprietà di terzi soggetti che però erano totalmente estranei agli affari».
Sgravi e Reddito di cittadinanza
Le indagini avviate a Napoli hanno consentito di accertare che «il 70 per cento delle persone titolari del credito di imposta risultava percettore o comunque richiedente il Reddito di cittadinanza». Ancor più eclatante quanto scoperto a Caserta dove sono stati sequestrati oltre 13 milioni di euro a due imprenditori che avevano avviato lavori anche a Modena. La Guardia di Finanza ha svelato che «i due indagati, senza avere una concreta organizzazione aziendale (mezzi, dipendenti, uffici), avevano generato crediti di imposta per lavori edili mai svolti, per i quali non erano state emesse fatture nei confronti dei presunti clienti. I crediti generati venivano poi ceduti, di solito in tranche di 500 mila euro, a una moltitudine di soggetti privi della necessaria forza economica per pagare il prezzo della cessione del credito e, in alcuni casi percettori del Reddito di cittadinanza, che avevano l’esclusivo compito di rivendere i crediti d’imposta agli istituti di credito i quali, ignari della provenienza delittuosa, provvedevano a monetizzarli».
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