Draghi, lo strappo M5S e quella frase: «Ne ho piene le tasche»
È singolare che nel giorno in cui Conte radicalizza lo scontro con palazzo Chigi, un suo uomo di governo si adoperi a fare il pompiere. In realtà persino il leader di M5S cerca di derubricare la faccenda, sostenendo che l’affondo sul dl Aiuti «era stato anticipato». È la testimonianza di come il Movimento si ritrovi vittima delle sue stesse macchinazioni. Se il capogruppo azzurro ha poi formalizzato in Aula la richiesta di una «verifica», nonostante le ritrosie del Carroccio, è perché FI prova a cercare la via delle urne: per cogliere d’infilata il Pd, soffocare nella culla le operazioni al centro e impedire che si apra una trattativa sulla legge elettorale. Ma anche in Forza Italia il primo a fare professione di realismo è Berlusconi, convinto che «lo spazio per il voto non c’è. Mattarella non ce lo concederebbe».
Insomma, la crisi si vede ma non c’è. Perché c’è la Finanziaria, c’è il Pnrr e c’è la crisi internazionale. E tutti sono costretti al loro ruolo. I grillini, che potrebbero non votare giovedì al Senato ma che poi rinnoverebbero la fiducia al premier. I forzisti, che chiedono la verifica ma dovranno accontentarsi del discorso di Draghi alle Camere. I leghisti, che attendono Pontida come un evento messianico, sapendo che a settembre sarebbe tardi per rompere. I democratici, che subiscono le convulsioni del Movimento e non sanno che tipo di campo costruire. E persino il premier che, per quanto ne abbia le «tasche piene», è consapevole di dover guidare il governo e onorare gli impegni presi dal Paese, malgrado una maggioranza senza più controllo e con i partiti in ansia pre-elettorale. Certo, tutti si muovono sul filo e un passo falso comprometterebbe equilibri di governo che non possono cambiare. Altrimenti sì che rischierebbe di saltare tutto.
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