Il Paese a due volti che sa anche sorprendere (se ha un piano)

di Federico Fubini

In tutta la provincia di Modena – tasso di disoccupazione: 4% – per ogni cinque tornitori richiesti dalle imprese se ne reperiscono sul mercato due, per ogni cinque elettricisti se tre trova a fatica uno e per ogni cinque posti da idraulici si contano precisamente zero aspiranti. «A volte non si riesce neanche a fare la rosa dei candidati» allarga le braccia Camilla Rocca, specialista di selezione del personale della locale Confederazione nazionale artigiani.
Benvenuti della crisi economica più pazza della storia. Dopo una serie di recessioni che hanno riempito di cicatrici un decennio e nel pieno di due traumi – una pandemia e una guerra alle porte – l’Italia è sul punto di scendere sotto i due milioni di disoccupati:non accadeva stabilmente dal 2009. Con la fiducia dei consumatori ai minimi dal primo lockdown o dalla fine della crisi dell’euro, gli italiani vedono i loro depositi liquidi in banca gonfiarsi fino a sfiorare il record di 1.200 miliardi di euro (avendone aggiunti una cinquantina nell’ultimo anno). Intanto un’ondata d’inflazione, il gas dieci volte più caro rispetto ai tempi «normali» e un razionamento dei consumi di energia all’orizzonte annunciano di nuovo recessione: una caduta dell’attività profonda, se il taglio delle forniture russe si confermasse radicale. Il fatto stesso che gli Stati Uniti sembrino esserci già caduti, rende lo scenario più verosimile anche in Europa e agita i fantasmi che da mesi gravano sulle imprese.

Eppure per ora tutto va sorprendentemente meglio del previsto. L’economia italiana sembrava in caduta con l’inizio della guerra, invece ha già acquisto un 3,4% di crescita solo nei primi sei mesi del 2022 dopo essere cresciuta del 6,6% nel 2021. Il mondo intero continua a guardare all’Italia come l’anello debole d’Europa, mentre l’Italia continua a tenere uno dei tassi di crescita più rapidi d’Europa: non solo nel prolungato rimbalzo che segue i lockdown, perché è dal primo trimestre del 2021 che l’economia e l’industria in particolare camminano oltre le medie europee.

Persino la finanza pubblica, il solito tallone d’Achille, ha due volti. Il debito pubblico è molto più alto di due o tre anni fa e per la prima volta il premio al rischio (lo spread) sui titoli italiani viaggia stabilmente sopra quello della Grecia, data la nebbia fitta attorno a ciò che scaturirà dalle elezioni. Eppure nel 2021 il governo ha chiuso il deficit di ben quattro punti e mezzo di prodotto lordo (Pil) meglio di quanto aveva promesso, pur avendo speso decine di miliardi di euro in corso d’anno in aiuti a famiglie e imprese. E nel 2022 chiuderà con un debito ben sotto al 147% annunciato, di nuovo dopo aver speso 19 miliardi netti più altri 12 netti in arrivo sempre in corso d’anno (anche perché il fabbisogno à metà anno è dimezzato rispetto a dodici mesi fa). Quanto all’export, a giugno è di oltre un quinto sopra ai livelli del 2021: eppure la bilancia degli scambi con l’estero del Paese è caduta in rosso per la prima volta da oltre un decennio a causa di una bolletta energetica rincarata di ben ottanta di miliardi all’anno.

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