Corrado Formigli: “Cara Meloni, io faccio domande: basta speculare sugli stranieri”

Corrado Formigli

Cara Giorgia Meloni, le scrivo questa lettera per provare a fissare alcuni paletti che permettano a lei, leader di un importante partito e aspirante presidente del consiglio, e a noi giornalisti, di convivere fino al 25 settembre e anche dopo. Nel rispetto reciproco dei diversi ruoli.

Due giorni fa, mentre guardavo al telegiornale le immagini atroci dell’assassinio di Alika a Civitanova Marche, sono stato preso da un gesto istintivo. Ho afferrato il cellulare e ho fatto un tweet, rivolto a lei e a Matteo Salvini. Chiedevo se sarebbe arrivato su questa vicenda orribile un vostro messaggio di indignazione attraverso i canali social. Una domanda a mio parere del tutto legittima, visto che da anni assistiamo da parte sua e della destra sovranista a un autentico bombardamento contro gli immigrati, indicati esclusivamente come un problema di sicurezza pubblica e un ostacolo alla crescita e al benessere degli italiani. “Invasione”. “Sostituzione etnica”. Concetti ripetuti da lei, martellanti. L’omicidio di Alika, compiuto nella più completa indifferenza dei cittadini presenti, ci ha mostrato a che livello di ignavia, per non dire risentimento sordo e rabbioso, sono arrivati tanti italiani che da anni assistono al più completo degrado del linguaggio e della cosa pubblica. Un uomo inerme massacrato mentre c’era chi faceva i filmini. Nella stessa regione dove Luca Traini aveva tentato una strage, anche questa volta contro quegli africani che in tanti, troppi disinvolti post lei ha ritratto con toni allarmistici e degradanti.

Nel suo racconto, sono sempre i poveri italiani le vittime. D’altronde, è dei loro voti che ha bisogno. Ma mi ha sempre colpito l’assenza di pietà umana che le macchine social di Lega e Fratelli d’Italia hanno mostrato verso volti e persone di cui sappiamo poco o niente. E che spesso sono storie di violenza, miseria estrema, guerra. Ma non voglio dilungarmi su argomenti che lei definirebbe “buonisti”. Andiamo al sodo della questione. Dopo una lunga storia politica mirata ad allontanare dai nostri confini i migranti, a demonizzarli, a condannarli senza attendere tre gradi di giudizio, a immaginare bellicosi blocchi navali (senza peraltro spiegare nel dettaglio come farli) era legittimo oppure no domandarle se e cosa avrebbe scritto sull’assassinio a mani nude di un ambulante nigeriano da parte di un italiano criminale e razzista? Anche perché, nei telegiornali della sera, non vi era traccia di un suo commento.

In compenso, un suo collega deputato della Lega, Riccardo Augusto Marchetti, invocava a proposito di quell’omicidio l’azzeramento degli sbarchi. Come dire che Alika, arrivando in Italia, quella morte se l’era un po’ andata a cercare. Dunque, il tweet. Alle 20.22, mentre Fratelli d’Italia tace. Un’ora e dieci dopo, la sua risposta, nella quale mi dà del propagandista e dello sciacallo. Ecco, questo è un altro punto nevralgico della questione. La propaganda la fanno i politici, legittimamente, per farsi votare. Nei comizi e sui balconcini digitali, evitando accuratamente intermediazioni giornalistiche. Noi facciamo domande, esprimiamo opinioni, critichiamo. Col solo limite della legge. Nel fare quel tweet a lei rivolto sono stato di parte? Certo, e lo rivendico.

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