Le risposte che i partiti non danno
Nei programmi non si parla dei problemi concreti che i cittadini dovranno affrontare dopo il voto, a cominciare dai probabili aumenti del gas e dell’energia elettrica
Ieri il prezzo europeo del gas naturale era a 200 euro per mille metri cubi, dieci volte sopra ai livelli degli ultimi anni fino al 2021. Significa che il primo ottobre per molti italiani sarà una data memorabile quasi quanto il 25 settembre, che naturalmente è giorno delle elezioni. Il sabato dopo la chiusura delle urne, per i consumatori il gas raddoppia di prezzo (un’altra volta…) e l’elettricità poco meno. È vero che il governo uscente lavora in queste ore a un secondo decreto che può mitigare l’impatto, non eliminarlo. Ma mettetevi nei panni delle migliaia di imprenditori e operai che lavorano di notte — nelle fasce orarie meno care — per contenere la bolletta ed evitare la cassa integrazione. Come staranno a queste persone le proposte dei partiti in questa campagna elettorale?
Finora la posizione più chiara di Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia, è una richiesta al governo uscente di fermare la privatizzazione di Ita (ex Alitalia). Enrico Letta del Pd parla di «dote» ai giovani finanziata con una maggiore tassa di successione per i patrimoni maggiori (ma nell’accordo con Azione esclude «nuove tasse»). La Lega vuole una flat tax al 15%, Forza Italia pensioni minime a mille euro, mentre Azione studia una «mini-tassa dello 0,1%» su tutte le transazioni dal presunto gettito tra venti e quaranta miliardi. Naturalmente poi in tanti parlano di bonus per addolcire le bollette, senza dire con quali soldi.
Nessuno però affronta le domande difficili, quelle che contano per gli italiani in quel sabato dopo il voto. Come slegare dal prezzo del gas quello dell’elettricità, per calmierare almeno quest’ultimo? Ha più senso per il governo riproporre un tetto europeo del gas o sussidiare gli acquisti all’ingrosso dall’Algeria, e come? E davvero non è replicabile il modello spagnolo di tetti nazionali? Le risposte a queste domande faranno la differenza sei giorni dopo il 25 settembre, eppure sono eluse da chi chiede il voto degli italiani per governare. Il momento della concretezza, per i partiti, è adesso.
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