I partiti e la guerra, un clima che piace a Mosca

Ma la maggior parte dei protagonisti dell’insorgenza pacifista di qualche mese fa, piuttosto che uscire allo scoperto con un proprio movimento, ha preferito adottare la tattica trotzkista dell’entrismo. Cioè di sparpagliarsi negli schieramenti esistenti i quali (eccezion fatta per quello di Calenda e Renzi probabilmente inconsapevole di aver presentato anche loro una «putiniana», a Caserta) li hanno volentieri accolti. C’è uno solo di loro che si muove a volto scoperto ed è il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni. In qualche modo gli è simile Elly Schlein vicepresidente dell’Emilia-Romagna. E si capisce che hanno analoghe sensibilità i giovani selezionati per rappresentare il volto nuovo del Pd. Sensibilità manifestata da alcuni di loro in modo così esplicito che qualcuno si è visto costretto a ritirare anzitempo la propria candidatura.

A destra i filo-putiniani di Lega e Forza Italia non hanno neanche bisogno di dissimulare alcunché. La campagna elettorale è a tal punto incentrata su Giorgia Meloni da far sì che il tema dei loro legami con l’autocrate russo viene frullato quotidianamente assieme a una serie di altre questioni più o meno importanti che rendono il tutto un indistinto. Quanto al M5S, nessuno più si occupa delle presenti o passate simpatie per Mosca di qualcuno dei loro candidati. Giuseppe Conte ribadisce ogni volta che può la propria avversione alla stagione politica del suo successore e questo alle orecchie sensibili di Dmitrij Suslov è quel che basta. Una garanzia.

Queste elezioni avrebbero dovuto essere — secondo molti — una riedizione di quelle del 18 aprile 1948 in cui gli italiani furono obbligati a scegliere tra comunismo e mondo occidentale. Va registrato che almeno fino ad ora non è stato così. Con esplicita soddisfazione di Suslov. E, ovviamente, di Putin.

CORRIERE.IT

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