Dopo le critiche alla guerra di Putin, “suicidato” anche il capo di Lukoil

Terzo: mentre Lukoil comunica la morte in modo anodino («Siamo profondamente dispiaciuti di annunciare che Ravil Maganov… è deceduto a seguito di una grave malattia»), e mentre fonti interne all’azienda andavano in giro con troppo zelo ad accreditare la tesi del suicidio, due persone che conoscevano bene Maganov hanno dichiarato alla Reuters di ritenere «altamente improbabile che si sia suicidato». Maganov un paio d’anni fa era stato premiato personalmente da Putin, dopo un servizio ventennale nell’economia del regime: lavorava in Lukoil dal 1993, ne aveva visto nascere e coordinato la raffinazione, la produzione e l’esplorazione. Era presidente dal 2020, mentre suo fratello Nail è a capo del produttore petrolifero russo Tatneft. Però qualcosa era successo. Maganov era rimasto vicinissimo ad Alekperov anche dopo le dimissioni di quest’ultimo. Mentre gli hardliners putiniani dentro Lukoil cominciavano a vederlo con insofferenza.

Restano sibilline e non rassicuranti, in questa storia, anche le coincidenze casuali. L’Ospedale Clinico Centrale di Mosca è noto per avere tra i suoi pazienti l’élite politica e imprenditoriale russa. È assai difficile che vi accada qualcosa di davvero imprevisto, è un luogo totalmente sotto il controllo del Fsb. Mikhail Gorbaciov è morto proprio lì martedì scorso, e Vladimir Putin si era recato sul posto proprio ieri mattina, per deporre dei fiori accanto alla bara del leader della perestroika, che odiava. Maganov era volato giù da lì poche ore prima, alle 7,30 del mattino.

LA STAMPA

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