Gas, Cingolani rassicura sui flussi e stringe sul tetto coi tedeschi. Fondi Ue alle aziende in crisi
ALESSANDRO BARBERA
ROMA. Tre ipotesi: un vero tetto al prezzo del gas importato, un limite solo a quello utilizzato per produrre elettricità, o in alternativa un meccanismo per evitare che il prezzo dell’energia prodotta da centrali a gas incida sulla determinazione del prezzo dell’elettricità. Infine una linea di credito per sostenere le aziende colpite dai picchi dei contratti «futures» nelle Borse specializzate, come quella di Amsterdam. Nonostante le molte luci spente e il tentativo di salvare il week-end, i tecnici sparsi fra Bruxelles e le capitali europee ieri hanno discusso la prima bozza dell’accordo che sarà sul tavolo della riunione straordinaria (venerdì) dei Ventisette ministri europei dell’Energia. A meno di singoli veti (si teme quello dell’Ungheria di Viktor Orban), la speranza di una risposta politica alle minacce di Vladimir Putin cresce. Già oggi il ministro italiano della Transizione ecologica Roberto Cingolani avrà contatti bilaterali con gli altri colleghi, a partire da Germania e Olanda, fin qui i più ostici nell’accettare un compromesso. Il momento decisivo sarà mercoledì, quando a Bruxelles si vedranno di persona tutti gli ambasciatori.
La novità più importante del testo diffuso ieri sera dalla Reuters è l’ipotesi di stanziare fondi europei per evitare il peggio ad alcune società di distribuzione dell’energia colpite dalle forti oscillazioni di Borsa: è accaduto ad esempio in Germania. A fare la differenza è sempre l’atteggiamento di Berlino, coloro i quali hanno fin qui creduto che Vladimir Putin non avrebbe sospeso del tutto la fornitura di gas dal tubo Nord Stream uno, la principale fonte di energia della locomotiva tedesca.
Draghi, insieme ai colleghi di Grecia e Spagna, è stato il primo a insistere per intervenire, già prima dell’estate. Ma come era prevedibile accadesse, per costringere Bruxelles a muoversi è stato necessario arrivare all’emergenza. Dagli uffici dei tecnici italiani continuano ad arrivare segnali rassicuranti. Cingolani ha chiesto formalmente ad Eni e Snam di calcolare con precisione e cadenza settimanale l’ammontare di gas russo importati effettivamente da Nord Stream uno. Non è un calcolo semplice, perché l’energia che supera i confini alpini di Gries e Tarvisio ha provenienze diverse: in parte dal metanodotto ucraino (Jamal), in parte dai giacimenti olandesi. Cingolani contesta la tesi di alcuni esperti (a partire da Davide Tabarelli di Nomisma Energia) secondo la quale la chiusura dei rubinetti russi quest’inverno costringerebbe a pesanti razionamenti nei giorni di maggior domanda. A suo avviso il combinato disposto fra l’aumento dell’export algerino, quello dal tubo Tap (di provenienza azera) e il pieno utilizzo dei rigassificatori esistenti saranno più che sufficienti. «Una cosa è certa», spiegava ieri al telefono. «Per liberarci dal ricatto russo occorre rafforzare tutte le soluzioni alternative, a partire dai nuovi rigassificatori con cui iniziare ad importare il metano liquido a disposizione per noi dall’Africa. E così porremo fine anche a questa scandalosa speculazione di pochi sul prezzo di una materia prima».
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