Meloni, le donne e il modello destra

Annalisa Cuzzocrea

Che sulla questione femminile Giorgia Meloni abbia fatto fare dei passi avanti al centrodestra, è dimostrato dalle parole consegnate da Marta Fascina al quotidiano Libero. Dice la fidanzata di Silvio Berlusconi – e forse lo stesso ex premier attraverso di lei – che Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, ex colleghe di partito ora passate in Azione, «per anni hanno ricevuto prebende e incarichi apicali grazie al presidente Berlusconi e ciononostante hanno dimostrato una grave irriconoscenza».

È sempre il verbo a svelare le intenzioni e in questo caso il verbo è: «ricevere». Nella visione di Fascina, famosa in Parlamento per non averlo frequentato (assente nel 75 per cento delle votazioni)le due ministre dovevano restare zitte e buone al loro posto perché hanno fatto carriera, e la carriera si fa grazie agli uomini. Ironia della sorte, le sue parole arrivano nel giorno in cui i social scoprono un video pubblicitario del senatore forzista Massimo Mallegni che, accanto a due donne munite di aspirapolvere e ferro da stiro, assicura: «Daremo uno stipendio e una pensione alle nostre mogli e alle nostre mamme». Chi nega che Giorgia Meloni abbia rotto questo schema nega l’evidenza. Perché la sua avanzata nella destra italiana, seppur dovuta al supporto e alla fiducia di alcuni uomini, da Gianfranco Fini a Silvio Berlusconi fin forse al fidato consigliere Guido Crosetto e a chi come Ignazio La Russa ha deciso di farle spazio, non può essere considerata una storia di subordinazione. E questo non può essere negato neanche da chi sostiene che la destra stia “usando” il suo volto e il suo essere donna e madre per fare meno paura, per crearsi una nuova patina di accettabilità. Perché dentro un partito che non prevede sorelle neanche nel nome, è indubitabile che a comandare sia lei.

Così Meloni ha buon gioco a scrivere, lo ha fatto ieri sul Corriere, che la sinistra non può darle lezioni di femminismo. Perché la sinistra nel nostro Paese dopo aver raggiunto – dentro a un fronte trasversale che però guidava – traguardi storici per le donne, dalla legge sul divorzio a quella sull’aborto, dalla fine del delitto d’onore alla conquista della definizione di stupro come reato contro la persona e non contro la morale, ha cominciato a battere in ritirata. Ha smesso di fare leva su quei diritti, di unirsi nel nome e per conto delle donne, le ha relegate a un ruolo gregario pur lottando per quote che almeno dessero loro il diritto di essere rappresentate.

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