Meloni, le donne e il modello destra
Tutto questo deve essere visto, per cambiare passo. Perché non accada più che un partito progressista si ritrovi a nominare solo ministri uomini per poi affrettarsi a riparare con ruoli minori. Poi, c’è il merito. Che non riguarda solo il passato da cui proviene Fratelli d’Italia (nel fascismo le donne hanno avuto il diritto di lavorare solo quando non c’erano più uomini per farlo, perché erano in guerra. Quanto agli altri diritti, non ne avevano alcuno).
Se davvero una leader politica vuole sfondare il soffitto di cristallo, deve aprire un varco che non sia per lei, ma per tutte. Diceva Madeleine Albright, segretaria di Stato negli Stati Uniti ai tempi di Bill Clinton, la prima nella storia: «C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne». Meloni orgogliosamente rinnega quote rosa e aperture duramente conquistate da chi l’ha preceduta di cui, nel tempo, ha usufruito anche lei. Guida un partito dove l’unica altra donna conosciuta è Daniela Santanché, per il resto l’organigramma è tutto maschile. Lascia, in un programma che pure contiene la promessa di misure come la fine del divario salariale tra donne e uomini, gli sgravi per le assunzioni femminili e gli immancabili asili nido, espressioni ambigue come la tutela della vita «fin dall’inizio». Non dice «dal concepimento», sostiene di non voler cambiare la 194 sull’interruzione di gravidanza, ma solo di volerla applicare anche nella parte che riguarda la prevenzione. Dove governa però, come nelle Marche, Fratelli d’Italia oppone piccoli grandi ostacoli, come la negazione dell’aborto farmacologico e la diffusione senza limiti dei medici obiettori (la vera ragione per cui troppo spesso la 194 non è applicata come dovrebbe).
Ha un’idea conservatrice di famiglia, «con un padre e una madre», che viene smontata in pochi minuti dalla bellissima video-lettera di Luca Trapanese: l’assessore alle politiche sociali di Napoli che ha potuto adottare da single la figlia Alba, con la sindrome di down, solo perché decine di altre famiglie l’avevano rifiutata.
Nessuno può ritenere accettabile una legge secondo cui un genitore single può andare bene per una bambina disabile e per gli altri no. Così come in pochi possono accettare che un partito di governo non si ponga minimamente il problema della cittadinanza per i figli degli immigrati o della necessità di una legge che tuteli la comunità LGBTQ+. Ma se il centrosinistra vuole davvero contrastare l’ascesa di Fratelli d’Italia e della sua leader, benché troppo impegnato nelle sue faide interne, dovrebbe concentrarsi su questo, sul Paese che vuole, sulla sua idea di civiltà. Non solo sul passato, che pure andrebbe spiegato ancora e ancora. E non tanto sui modelli Orban e Morawiecki, che mesi fa – in un’intervista alla Stampa – Meloni ha assicurato di non voler replicare. Ma sul cinismo che porta a diffondere il video di uno stupro senza chiedere scusa e ad affermare che ci sarebbe una morra cinese per cui, a sinistra, un immigrato vale più di una donna violentata. Come fosse un gioco, una battuta da far girare sui social. La sinistra dovrebbe battere sull’irrealizzabilità e l’inumanità di una cosa chiamata blocco navale e dire cosa intende fare lei su immigrazione, integrazione, diritti. Dire come si esce dal 63esimo posto nel mondo per divario di genere. Poi, magari, cambiare le dinamiche interne e far sì che anche al suo interno le donne possano emergere, combattere, guidare. Serve anche questo, per dirsi progressisti. E non è una questione minore.
LA STAMPA
Pages: 1 2