La strategia della Cina, in 4 mosse: è il ritorno della diplomazia di Xi (che potrebbe non far sorridere Putin)
di Guido Santevecchi
Xi Jinping torna a viaggiare dopo 3 anni: e a Samarcanda vedrà il presidente russo, Putin. Con lui discuterà anche della situazione in Ucraina, del gas, delle strategie comuni: ma Mosca sa che Pechino non fa niente per niente, e i politologi non prevedono alcun coinvolgimento diretto nella guerra. Perché «non ci sono eterni alleati»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA PECHINO
È tornata la Xiplomacy, annuncia la Xinhua salutando la missione del presidentissimo della Cina per l’Asia centrale, dove da oggi è impegnato «in presenza», per la prima volta dopo quasi tre anni.
Xi Jinping ha ripreso il suo ruolo di grande viaggiatore a Nur Sultan, capitale del Kazakhstan. È arrivato protetto da una mascherina, in ossequio alle misure anti-Covid che ancora costringono al lockdown milioni di cinesi ed è ripartito dopo poche ore per Samarcanda in Uzbekistan, dove tutti i riflettori sono puntati sull’incontro con Vladimir Putin, il 39° della loro storia di amicizia anche personale.
I russi si dicono sicuri che la Cina abbia deciso di concedere un sostegno rafforzato all’impresa ucraina.
Xi e Putin lo scorso febbraio si sono promessi collaborazione «senza limiti», sono spinti l’uno nelle braccia dell’altro dal reciproco sospetto e rancore nei confronti dell’Occidente.
Ma anche se dormono nello stesso letto, non fanno gli stessi sogni. Lo dimostra la prima frase pronunciata da Xi a Nur Sultan: «Non importa quanto possa cambiare la situazione internazionale, la Cina sosterrà sempre indipendenza, sovranità e integrità territoriale del Kazakhstan». È una messa in guardia neanche troppo velata alle ambizioni di Putin: «Significa che Pechino non tollererà che la Russia si dedichi a un revival della sua antica egemonia nella regione euroasiatica», spiega Niva Yau, ricercatrice Osce per l’Asia.
L’azione diplomatica di Xi, la Xiplomacy propagandata dalla Xinhua, si può riassumere in quattro punti:
1) Rilanciare le Vie della Seta, impantanate dalla pandemia e dai problemi di debito internazionale che affliggono numerosi Paesi coinvolti nel megaprogetto cinese. Non è un caso che Xi abbia ricominciato a viaggiare con la tappa in Kazakhstan, dove nel 2013 parlò per la prima volta di «Yidai yilu» (una cintura una strada), nome mandarino del piano che ha promesso di investire più di 1.300 miliardi di dollari in 2.000 infrastrutture da disseminare in più di un centinaio di Paesi.
2. Ora la Xiplomacy fa scalo a Samarcanda in Uzbekistan, dove si tiene il vertice annuale della «Shanghai cooperation organization», un’altra creatura cinese che raggruppa otto Paesi. Fu fondata nel 2001 da Cina, Russia e quattro repubbliche ex sovietiche (Kazakhstan, Uzbekistan, Kyrgyzstan, Tajikistan). Doveva essere un forum per il dialogo sulla sicurezza incentrato sul contrasto al terrorismo e al separatismo. Ora Pechino dice che «ha un grande potenziale economico», perché facendo i conti emerge che la Sco raggruppa il 41 per cento della popolazione mondiale e il 24% del Pil globale. A Samarcanda sarà accolto anche l’Iran; un’altra pattuglia di Paesi, dalla Turchia all’Arabia Saudita, ha già il ruolo di osservatore. Anche Putin può essere soddisfatto dello sviluppo dell’organizzazione cara a Xi: può aiutare la Russia a sfuggire all’isolamento sanzionato dall’Occidente.
3.Il faccia a faccia tra Putin e Xi domina queste manovre asiatiche. Mosca ha annunciato la settimana scorsa che a Samarcanda si terrà il 39° vertice tra i due leader; Pechino per giorni non ha confermato, per dare un segnale della superiorità del segretario generale del Partito-Stato, che si degna di accettare inviti quando lo ritiene opportuno. Nessun dubbio, comunque, che il faccia a faccia si terrà domani o dopo. Questa mattina il Cremlino lo ha riannunciato, promettendo una discussione sulla guerra in Ucraina, sulla situazione a Taiwan e su altre «questioni regionali e internazionali». Obiettivo è mostrare una «alternativa» al mondo occidentale, sottolineano i russi.
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