Casini il democristiano, Sgarbi il dadaista: il duello degli opposti in scena a Bologna
Eppure quattro anni appena tra lui e Sgarbi hanno determinato un abisso. L’impressione è che entrambi siano prigionieri dei ruoli. Chiunque abbia letto il libro del padre o visto il film che ne ha tratto Pupi Avati non può non sospettare in Sgarbi una repressa tenerezza, almeno ereditaria. E chi ha seguito il romanzo della vita di Casini intuisce un doppiofondo nell’anima bonaria. Ingenui? Non scherziamo. Sgarbi è perfino andato allo stadio nella tribuna rossoblù. Gli mancava soltanto la sciarpa che Casini indossò come una coperta di Linus il giorno di gennaio in cui non fu eletto presidente della Repubblica. Le dirette Facebook di Sgarbi sono arrembanti, promette nuovi sostegni da amici famosi e ingerenti («Rovazzi, dove sei, per chi cazzo dovresti votare?»). Casini scorre lento, di porta in porta, presente e suadente. È consapevole che il rivale non ha le radici e il fusto che consentirono il ribaltone di Guazzaloca. Chi vincerà? Per adesso basta chiedersi chi ha perso. Non era Bologna la città laboratorio? L’annuncio del nuovo e del possibile? Casini e/o Sgarbi?
LA STAMPA
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