Putin, mistero sul discorso: cancellato l’intervento sui referendum nel Donbass
di Fabrizio Dragosei
Dopo ore di attesa, due canali ufficiali russi hanno cancellato l’annuncio del discorso con il quale il presidente avrebbe dovuto annunciare i referendum per l’annessione del Donbass: «Rinviato a mercoledì»
Il presidente russo Vladimir Putin avrebbe dovuto parlare alla nazione nella serata di martedì 20 settembre — ma il suo discorso, atteso per le 19, ora italiana, non è mai iniziato, e mentre le tv russe cancellavano l’annuncio dell’intervento, fonti spiegavano che lo zar non parlerà prima di mercoledì. Non ci sono spiegazioni ufficiali sul rinvio, o sulla cancellazione, del discorso. Forbes Russia, citando due fonti, spiega che il discorso, pre-registrato, dovrebbe andare in onda alle 8 ora locali (le 7 in Italia) di mercoledì mattina. La caporedattrice di Russia Today, Margarita Simonyan, ha scritto sul suo canale Telegram: «Andate a dormire».
Ci si aspettava che Vladimir Putin parlasse al Paese sui referendum proclamati dalle autorità filorusse del Donbass per appoggiare la loro richiesta di entrare nella Federazione russa e portare così lo scontro con Kiev a uno stadio di ulteriore tensione. Ma il leader del Cremlino sembra aver deciso di prendere tempo, forse nella speranza che la Comunità internazionale prema sull’Ucraina per concessioni che possano soddisfare Mosca. Le reazioni, per ora, sono state di segno contrario. Qualcosa potrebbe venir fuori da un colloquio telefonico che si dovrebbe svolgere tra il presidente russo ed il francese Macron.
I referendum di annessione si faranno a partire da dopodomani nelle regioni ancora occupate dai russi, Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e daranno certamente il risultato previsto: sotto la «protezione» dell’Armata russa la stragrande maggioranza della popolazione voterà per uscire dalla repubblica ucraina ed entrare nella Federazione.
Naturalmente, si tratterà di risultati più che contestabili, vista la situazione (di una qualche parvenza di campagna elettorale, neanche un cenno, tanto per dirne una). E appare chiaro che il ricorso alle urne è stato accelerato dalla recente avanzata delle truppe di Kiev. A novembre, quando i capi locali avevano in mente di celebrare la ricorrenza della rivoluzione del 1917 (spostata dal sette al quattro e con un altro nome da Putin) alcune delle zone chiamate a votare avrebbero potuto non essere più nelle mani dei russi.
È anche una forte pressione nei confronti del Cremlino che potrebbe anche essere tentato di abbandonare al loro destino una parte degli indipendentisti.
Tra coloro che più ardentemente hanno approvato l’iniziativa dei referendum c’è l’ex presidente Dmitrij Medvedev, diventato uno dei più accesi sostenitori della guerra totale. Medvedev ha spiegato bene quali sarebbero le conseguenze dei referendum e delle annessioni. Conseguenze che potrebbero portare anche a un confronto nucleare.
Il voto si dovrebbe svolgere nelle quattro regioni ucraine da venerdì a martedì prossimo. Poi verranno proclamati i risultati e quindi la Russia dovrà decidere cosa fare. Se accetterà la «volontà» dei cittadini ucraini di quelle aree di «riunirsi finalmente alla madrepatria», come ha auspicato Medvedev, allora l’annessione procederà con speditezza.
A passare sotto la guida di Mosca non sarebbero però solo gli oblast attualmente nelle mani delle milizie filorusse o dell’esercito regolare. Diventerebbero parte integrante del territorio della Federazione anche quelle fasce e quelle città che fanno parte delle quattro regioni ma che sono attualmente controllate dagli ucraini. Slovyansk, Kramatorsk, tanto per citarne due.
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