Analisi di una rincorsa, il Pd prova a ribaltare una sconfitta annunciata

I programmi. Spiazzati dai 5 Stelle su agenda sociale e lavoro
CARLO BERTINI

Lo stupore. È il sentimento che prevale tra i dem da quando in questa campagna elettorale si è cominciato a capire che l’agenda sociale, quella su cui puntava il Pd per ritrovare la sua anima persa dai tempi del blairismo, era stata portata avanti meglio, agli occhi degli elettori, dai 5stelle di Conte. Uno stupore profondo, innescato dalla convinzione (rivelatasi sbagliata) che l’avvocato del Popolo non sarebbe riuscito a interpretare quel ruolo, perché identificato nell’immaginario collettivo come il premier con la pochette poco assimilabile alle masse popolari; e dopo aver visto gettare a mare dai grillini il governo Draghi, mentre «stavamo provando a portare a casa il salario minimo», come continua a rinfacciare il ministro Andrea Orlando. E invece. Col passare dei giorni, questo sentimento di amarezza di Letta e compagni è andato crescendo: il Pd non è riuscito a imporre la propria agenda, subendo i messaggi semplici della destra su flat tax e pensioni minime e sull’altro versante subendo lo scippo della sua agenda sociale da parte del nemico a sinistra. E quindi fatica di Sisifo quella di Enrico Letta per convincere i giovani che il Pd lotterà contro il precariato, dopo aver dovuto fare autocritica per aver sdoganato negli anni Novanta la flessibilità sul lavoro, panacea della globalizzazione. Difficile spuntarla sulla difesa del reddito di cittadinanza, quando nel Pd c’è chi lo osteggia. Così come meno forte del cavallo di battaglia grillino suona la sirena dem per una crescita sostenibile. Magari, se avesse puntato sui diritti per far leva su giovani e mondo di sinistra, Letta sarebbe riuscito a imporsi sui 5stelle, sempre timidi e divisi su questo versante, dai tempi delle unioni civili. Ma quella nota è risuonata poco.

LA STAMPA

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