Elezioni Brasile: Lula non sfonda e va al ballottaggio con Bolsonaro. L’ex presidente si ferma al 48,4% , il leader di destra al 43,3%
di Sara Gandolfi
Sfuma l’elezione al primo turno per il candidato del fronte di sinistra. L’uscente populista resiste nelle sue roccaforti come il Sud e Rio. Si temono contestazioni
DALLA NOSTRA INVIATA
SAN PAOLO –
Testa a testa in Brasile fra Lula e Bolsonaro, che andranno al
ballottaggio il prossimo 30 ottobre. L’ex presidente, candidato di un
fronte ampio delle sinistre, si è fermato al 48,4% dei voti, mentre
l’attuale presidente, candidato del Partito liberale (destra) ha tenuto
nei suoi feudi politici — in particolare il Sud e Rio de Janeiro —
conquistando il 43,3%. Lula, ha visto
così sfumare la possibilità di vincere al primo turno e ancora una volta
i sondaggi si sono rivelati molto imprecisi.
«È solo rimandato, la lotta continua». A spoglio finito, Lula si presenta ai giornalisti in un hotel del centro di San Paolo e fa buon viso a cattivo gioco: «Non ho mai vinto una elezione al primo turno, il ballottaggio è una opportunità di maturare le proposte». Poi, ricorda che quattro anni fa era detenuto, «estromesso a forza dalla politica e dissi che saremmo tornati». Ammette che avrebbe preferito vincere subito, «avrei fatto una breve luna di miele, tre giorni, con la mia Janja» (la sociologa sposata ad aprile, ndr). E invece «dovrò aspettare a fine mese. Il 27 compio gli anni, speriamo che il popolo mi regali la grande vittoria, come nel 2002».
Mentre il presidente uscente Bolsonaro ha dichiarato che «approfitterà del secondo round per dimostrare la bontà della politica del governo federale di fronte alla pandemia, citando dati economici». Quindi ha affermato di aver superato quelle che ha definito le «menzogne» degli istituti di ricerca, citando Datafolha. «Ora è fiducia totale».
È stata una giornata lunghissima e carica di tensione. Oltre 156 milioni di elettori erano chiamati a scegliere il nuovo presidente e il suo vice, i 513 deputati, un terzo dei senatori, i governatori e i deputati dei 27 stati federati. Si sono formate code lunghissime fuori dai seggi, con attese che superavano le quattro ore. Per questo le urne sono state chiuse dopo l’orario previsto, alle 17 (le 22 in Italia). Poi è iniziata la conta dei voti — gli exit poll sono proibiti in Brasile — partendo dalle regioni del sud, più vicine a Bolsonaro, che fin dall’inizio della campagna ha contestato il sistema elettorale elettronico. Il presidente ha imposto che le forze armate supervisionassero il voto in un campione di seggi. Non era mai accaduto prima, ma benché i militari occupino molte posizioni di comando nell’attuale amministrazione, è improbabile che sostengano tentativi golpisti. Si temono invece azioni di forza dei sostenitori di Jair.
«Il bolsonarista più fanatico dovrà adattarsi alla maggioranza della società», ha avvertito Lula, parlando alla stampa nella scuola di San Paolo dove ha votato, accompagnato dall’ormai inseparabile moglie «Janja» e dal candidato vicepresidente Geraldo Alckmin (suo ex avversario politico). «Sarà facile ripristinare la democrazia e la pace in questo Paese — ha aggiunto —. Coloro che non vogliono, che non rispettano la legge… sarà un loro problema». Sabato sera, incontrando la stampa, ha affermato che per il secondo turno è «pronto a conversare con chiunque sia necessario, a fare un’Arca di Noe per migliorare la vita del popolo brasiliano». Dovrà insomma inseguire il voto degli indecisi e, soprattutto, trovare un accordo con gli altri candidati presidenziali, o almeno quelli ideologicamente a lui più vicini: Simone Tebet, la vera sorpresa di queste elezioni, che ha preso il 4,41% e Ciro Gomes, con il 3,09%.
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