La paura atomica e la follia di Putin

Nathalie Tocci

È credibile la minaccia nucleare russa? Questa è la domanda che angoscia l’Europa e gli Stati Uniti, così come altre potenze globali quali Cina e India, per non parlare dell’Ucraina, che ne sarebbe la prima vittima. Razionalmente la risposta è un no secco. Ma la storia è piena di follie che, pur non cambiando l’esito di una guerra, sono tanto insensate quanto possibili. È vero che Vladimir Putin ha parlato apertamente dell’uso dell’arma atomica. Lo fece all’inizio dell’invasione, in quella che sperava fosse una campagna di “shock and awe” in salsa russa. Lo spettro nucleare è riemerso più recentemente, da quando la controffensiva ucraina ha iniziato a liberare i propri territori ad est e sud. Sul piano militare convenzionale, la guerra russa è un disastro. Bisogna riavvolgere il nastro di parecchi decenni, se non secoli, prima di arrivare a una débâcle militare russa di queste proporzioni. In questo quadro militarmente disastroso, Putin contemplerebbe dunque l’uso dell’arma nucleare: ottenere attraverso il “non-convenzionale” ciò che “convenzionalmente” non può essere conquistato.

A questo si aggiunge un altro ragionamento che circola spesso: poiché la Russia – che contempla l’opzione nucleare nella sua dottrina militare – ha recentemente annesso quattro province ucraine (anche se in due di esse, Kherson e Zaporizhzhia, non è chiaro quali siano i confini, a sentire il portavoce del Cremlino), ecco che la minaccia atomica sarebbe diventata credibile proprio alla luce della presenza di forze armate di Kyiv in quello che Mosca adesso considera proprio territorio. Grattando la superfice, queste motivazioni non reggono. Non solo perché non è affatto chiaro che la dottrina militare russa consenta un attacco nucleare in Ucraina. Questa prevede l’impiego dell’arma nucleare solo in quattro circostanze. Una di queste è l’eventualità di un attacco su territorio russo, ma solo se questo rappresenta «un rischio esistenziale per lo Stato». E anche se i territori ucraini annessi sono considerati da Mosca territorio russo, sostenere che perderli rappresenti una minaccia esistenziale allo Stato è un volo pindarico non indifferente. A questo aggiungiamo una riflessione di fondo. Un’arma, inclusa quella nucleare, viene utilizzata per ottenere uno scopo. Quale sarebbe l’obiettivo strategico di un attacco nucleare russo in Ucraina? Un attacco dimostrativo, ad esempio nel Mar Nero, servirebbe a poco. Durante la Guerra fredda, l’arma nucleare ha svolto una funzione di deterrenza proprio perché non è stata usata. Sappiamo che la Russia queste armi le ha; usarle per dimostrarlo cambierebbe poco i nostri calcoli. Una bomba nucleare sul fronte, ossia nelle zone dell’est e sud dell’Ucraina, provocherebbe danni enormi. Ucciderebbe non solo militari ucraini, ma anche russi, così come civili, rendendo inabitabili i territori recentemente annessi. E a seconda delle correnti d’aria, a pagare il prezzo delle radiazioni sarebbero pure i cittadini russi all’interno dei confini riconosciuti del Paese. Infine, un attacco nucleare su Kyiv, provocherebbe non solo danni colossali ma anche una reazione internazionale ben oltre quella occidentale. Dopo gli avvertimenti impliciti di Xi Jinping e Narendra Modi, è impensabile che Pechino e Nuova Delhi possano non alzare ciglio di fronte ad un attacco nucleare su una capitale di 3 milioni di abitanti. A questo aggiungiamo la reazione dell’Occidente. Washington ha chiarito che la loro risposta convenzionale – non certo nucleare – avrebbe conseguenze «catastrofiche» per la Russia. E politicamente compatterebbe ancor più il sostegno occidentale all’Ucraina. Mentre la minaccia nucleare svolge un’utilissima funzione di propaganda per il Cremlino, alimentando paure e divisioni occidentali, agire sul piano nucleare otterrebbe l’effetto contrario. Non a caso, mentre l’invasione russa era stata vistosamente negata dal Cremlino – ed i suoi accoliti in Occidente, consapevoli e non – fino al 24 febbraio, un possibile attacco nucleare è sbandierato da Mosca. La minaccia nucleare ha una forte “ratio” politica. Un attacco nucleare no. È politicamente inimmaginabile uno scenario in cui, ad attacco avvenuto, una fetta d’Europa alzi le mani e si consegni alla mercé del Cremlino.

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