Cessate il fuoco

Lucio Caracciolo

L’Italia affronterà da sola l’inverno più duro della sua storia recente. Il contesto geopolitico in cui ci siamo finora accomodati è in via di accelerata implosione e riconfigurazione. Immaginare in questa fase, di cui non si vede la fine, grandiosi slanci di solidarietà o anche solo di progettazione europea e occidentale significa vivere fuori del tempo. Come se il biennio del virus e della guerra non fosse mai stato, come non fosse ancora in corso, con esiti imprevedibili su entrambi i fronti. Un biennio che sta cambiando il nostro modo di vivere e di pensare. All’insegna dell’incertezza.

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Consideriamo solo fra i principali mutamenti strategici in corso quelli che impattano specificamente sul nostro Paese. La guerra d’Ucraina ci ha sconnessi dal fornitore energetico principale, la Russia, in modalità forse definitiva. Stiamo cercando e in parte trovando alcune alternative immediate, tra cui spicca l’algerina, o prospettiche, come il ricorso al mercato del gas naturale liquido – utopie sul nucleare a parte. Scelta non solo energetica, ma geopolitica: si tratta di sostituire la Russia con il Mediterraneo e con l’America. Poiché il nostro principale partner economico e industriale, la Germania, soffre di una crisi strutturale financo superiore alla nostra ed è in modalità strettamente nazionalistica tanto da curarsi sempre meno di vestire di gialloblù le sue direttrici strategiche, ne consegue che parte delle sofferenze tedesche saranno rovesciate su di noi. Vale soprattutto per la nostra industria del Nord, che vive dell’interdipendenza con i produttori tedeschi.

Nel nuovo contesto la potenza dei singoli attori è nuda. Determinata anzitutto dai rapporti di forza in campo economico – a cominciare dalla disponibilità o meno di margini fiscali per politiche di sostegno – e militare. Il nostro debito colossale, che avevamo messo tra parentesi in regime di grandiosi aiuti europei ovvero tedeschi (Pnrr), pesa ormai come un macigno e limita i nostri margini di negoziazione nell’Eurozona. Ulteriormente ridotti dall’avvento di un ministero guidato da una personalità che, a sentire alcuni «partner» europei, vorrebbe revocare i diritti civili e incrinare le basi della nostra democrazia. Tanto da dubitare che l’Italia disponga ancora dell’arma di ricatto che consiste(va?) nel suo rango sistemico in qualità di Paese «troppo grande per fallire». Siamo molto più esposti alle tendenze dei mercati e ai giudizi delle agenzie di rating.

Quanto alla potenza militare, a differenza di quasi tutti i Paesi del mondo non stiamo riarmando né attrezzandoci culturalmente alla guerra cui partecipiamo non troppo indirettamente, svolgendo funzioni rilevanti in ambito Nato, specie sul fronte mediterraneo. Nel frattempo, la Germania ha stabilito che nei prossimi anni sarà la prima potenza militare europea – parola di Scholz. Basterebbe solo questo a rendere il cambio di stagione. Non fosse sufficiente, ricordiamo che la Polonia sta dotandosi di armamenti di punta grazie alla decisione americana di farne la lancia atlantica nel rovesciamento dell’impero russo. E l’Ucraina è oggi forse la seconda potenza militare convenzionale d’Europa.

Nulla lascia peraltro presagire che la Russia sia disposta alla resa, ovvero al suicidio, anche se il dialogo più o meno sotterraneo tra Mosca e Washington apre la prospettiva di un cessate-il-fuoco nei prossimi mesi. In queste condizioni, la nostra ecosfera politica, sempre meno influente e ogni giorno più delegittimata, non può permettersi di parlar d’altro né di incupirsi in teatrini polemici fra partiti o loro residui.

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