Garofoli: «Ora l’Italia è più pronta a reagire. Per governare serve un metodo»
Come vanno riformati i rapporti tra Stato, Regioni e Comuni?
«È uno snodo decisivo per l’efficiente funzionamento del sistema
istituzionale. La leale collaborazione è stata in ogni caso assai
proficua in questi 19 mesi. Per fronteggiare crisi complesse e
monitorare l’attuazione di piani di riforma è necessario disporre di
strutture amministrative che supportino ancor più efficacemente i
decisori pubblici. Qualcosa è stato fatto in questi mesi, ma bisogna
insistere in questa direzione».
Cosa è stato fatto?
«Nell’esercizio del golden power ad
esempio gli affari da esaminare sono passati da 8 nel 2014 a 496 nel
2021, ma la struttura è rimasta immutata il che è assai rischioso per
gli interessi nazionali. Abbiamo avviato un processo di rafforzamento
sul modello di Francia e Usa. Il secondo esempio è l’istituzione
dell’Agenzia per la cyber-sicurezza, che in un contesto di crescenti
minacce informatiche non poteva essere rinviata. E per la prima volta ci
si è dotati di una macchina dell’attuazione del programma di governo».
Siete andati avanti a colpi di decreti e fiducie…
«Si, ma le emergenze lo hanno imposto. Chigi ha dato impulso a una
rete di funzionari dedicati presso i vari ministeri, monitorandone
l’operato con obiettivi mensili. È un modello organizzativo nuovo che ha
dato risultati tangibili, 1.376 decreti smaltiti, quasi il triplo delle
altre esperienze di governo».
La «transizione ordinata» voluta da Draghi si è complicata dopo le dichiarazioni di Meloni, poi rettificate, sui ritardi del Pnrr e l’inutilità dei Consigli Ue?
«Assolutamente no. Al momento del cambio di governo è necessario un supplemento di cooperazione istituzionale. Il passaggio di consegne sarà ordinato, perché abbiamo a cuore il Paese. Metteremo in condizioni il nuovo governo di conoscere, per ciascun dossier, cosa è stato fatto e dove siamo. Le urgenze da affrontare non consentono rallentamenti».
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