E’ finito il tempo della spesa facile

Nella conferenza di dicembre, la presidente Christine Lagarde ha annunciato che i futuri rialzi dei tassi verranno affiancati – a partire da marzo – dal programma di Quantitative Tightening (inasprimento quantitativo). Che cosa significa? Francoforte inizierà a vendere il debito dei Paesi dell’euro accumulato in questi anni a un ritmo di 15 miliardi al mese. Con la (graduale) uscita di scena della Bce, bisognerà trovare nuovi acquirenti. Andranno convinti. Le nostre finanze pubbliche dovranno essere tenute in ordine. A tal fine, serve un governo capace di fare ciò che non è stato fatto fino ad ora: spiegare agli italiani il principio del vincolo di bilancio. Lo Stato spende in base alle risorse disponibili: ossia la somma del debito comprato dai risparmiatori/investitori e delle imposte pagate dai cittadini. Ovviamente, non sono infinite. Peraltro, nel nostro caso, andrebbero significativamente ridotte. L’Italia è seconda in classifica (dopo la Grecia) per quanto riguarda il debito in rapporto al Pil e quinta in termini di pressione fiscale: nel 2021 le entrate sono state pari al 43,6 per cento della ricchezza prodotta (al primo posto vi è la Danimarca con il 48,8 per cento). Un simile contesto richiede un forte segnale di discontinuità.

Serve chiarire che le risorse, oltre a essere limitate, sono anche scarse. Da questo punto di vista, la legge di bilancio è stata coerente: si è fatto ciò che si poteva, non ciò che si voleva. I tempi erano stretti, i vincoli severi. «Il programma» ha spiegato Meloni nella lunga conferenza stampa di fine anno, «verrà attuato nell’arco della legislatura». E, infatti, provvedimenti come la revisione del reddito di cittadinanza, le riforme delle pensioni e del Fisco – solo per citarne alcune – sono stati solo annunciati. Mancano i dettagli. Il vero banco di prova sarà la prossima manovra. Le aspettative sono ovviamente alte. Rispetto al quinquennio passato, alla guida del Paese c’è (finalmente) un leader politico. A differenza dei tecnici senza voti, Giorgia Meloni ha il potere di selezionare le misure da attuare e il dovere di assumersene le conseguenze. Termina, quindi (almeno questo è l’auspicio), l’era degli alibi, dei capri espiatori, delle colpe date ad altri. Inizia quella della responsabilità. Se il governo sceglie di sostenere alcuni cittadini, ci saranno meno fondi e meno servizi per gli altri. È necessario indirizzare i sostegni lì dove servono di più.

Dal rapporto della Caritas 2022 si evince che la povertà colpisce maggiormente i giovani. Queste le percentuali in base alla popolazione di riferimento: 14,2 per cento fra i minori; 11,4 nella fascia tra i 18-34enni; 11,1 tra i 35-64enni; e, infine, 5,3 per gli over sessantacinquenni. A fronte di questi dati, le risorse andrebbero concentrate sulle famiglie e i giovani. Pertanto, programmi di pensionamenti anticipati non dovrebbero essere una priorità come, invece, chiede la Lega di Matteo Salvini. Il rischio è quello di acuire ancora di più il divario socioeconomico tra generazioni. Del resto, come è noto, la disuguaglianza è una scelta. Politica. E le responsabilità, di conseguenza, sono chiare.

LA STAMPA

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