Zelensky a Sanremo, il caso non si chiude: sale la tensione sui vertici Rai
di Antonella Baccaro
Salvini attacca ancora sulla presenza del presidente ucraino al Festival, ma cancellarla provocherebbe però un incidente diplomatico. Domani l’ad Carlo Fuortes potrebbe vedersi bocciare il bilancio 2023
Chi rischia di saltare per la polemica sulla partecipazione di Volodymyr Zelensky a Sanremo non è la partecipazione del presidente ucraino, che appare salda (cancellarla provocherebbe a questo punto un incidente diplomatico) ma la poltrona di Carlo Fuortes a capo del consiglio di amministrazione della Rai.
Anche ieri Matteo Salvini non ha mancato di rimarcare la propria contrarietà alla presenza nella manifestazione canora del leader straniero. Lo ha fatto prima scherzando: «Pensavo di autoinvitarmi per cantare due canzoni». Per poi aggiungere più tardi: «Non è con un’apparizione a Sanremo che si mette fine a questa guerra». La Lega ieri è sembrata tenere il punto anche con l’europarlamentare Matteo Adinolfi, secondo cui «la Rai dovrebbe rivedere questa posizione su Zelensky a Sanremo». Mentre Maurizio Lupi (Noi Moderati) sostiene che «dare voce a Zelensky sia un bene, per ricordare che c’è un popolo aggredito che lotta per la propria libertà e indipendenza». E Angelo Bonelli (Avs) rivendica uno spazio per il video nel quale il musicista Shervin Hajipour canta «Baraye», canzone di protesta per la morte dell’attivista dei diritti iraniana Mahsa Amini, uccisa dal regime.
Ma la partita in gioco a questo punto non è più Sanremo ma un’altra, e riguarda l’amministratore delegato della Rai che domani, salvo ulteriori rinvii, dovrebbe portare al voto il bilancio aziendale 2023, già presentato nella scorsa riunione. Ma gli equilibri che fin qui gli hanno consentito di spuntarla sembrano compromessi a causa di un fronte sempre più consistente che vorrebbe un ribaltone in Rai.
Un fronte che si contrappone a quello guidato da Giorgia Meloni, più favorevole a non aprire il vaso di Pandora della Rai, lasciando Fuortes fino a scadenza (2024) e al massimo affiancandolo con una figura tecnica, forse solo con un ulteriore passaggio sul Tg1, dove Monica Maggioni potrebbe lasciare per una trasmissione politica serale.
Tutto questo però sembra non bastare ai fautori del ribaltone, irritati perché Fuortes parlerebbe solo con Meloni, che trovano la massima espressione nella Lega. Il voto contrario (o l’astensione) del membro leghista del cda Igor De Blasio, dopo la polemica su Zelensky sembra inevitabile, a dispetto delle parole di miele che ieri Salvini ha speso per Meloni da Milano.
Il motivo per cui il tempo dei ribaltonisti stringe, lo spiega una fonte ben informata: «Sanremo, se va bene, equivale a un condono tombale per l’ad». E che Fuortes conosca il valore salvifico degli ascolti, lo dimostra l’enfasi con cui ieri ha sottolineato il successo della prima serata di RaiUno «Binario21», seguita giovedì scorso da più di 4 milioni e mezzo di spettatori.
E che gli ascolti pesino, lo sa anche Mediaset che per la prima volta ha organizzato una controprogrammazione a Sanremo.
Se davvero domani il leghista boicottasse il budget, si andrebbe alla conta: c’è da aspettarsi, oltre al voto favorevole dello stesso Fuortes, quello della presidente Marinella Soldi (che finora non è mancato), e probabilmente quello di Francesca Bria (espressa dal Pd).
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