I silenzi di Meloni e la ragion di Stato
Andrea Malaguti
Giorgia Meloni si inabissa, sparisce e parla d’altro, mentre il caso Donzelli-Delmastro, Minnie e Topolino (?), terremota la credibilità di una maggioranza di governo che a cento giorni dal suo insediamento avrebbe bisogno di dare risposte su lavoro, sanità, guerra e giustizia, e invece sottopone il Paese al discutibile spettacolino di due parlamentari di prima linea colpevoli, a essere buoni, di incontinenza infantile e, a essere sinceri, di sconsiderato-bullismo-parlamentare da adulti in apparente delirio di onnipotenza.
Hanno idea, il sottosegretario alla giustizia e il vicepresidente del Copasir, del valore delle loro cariche, del dovere che impongono, dello stile che pretendono e dei danni che possono infliggere al sistema, umiliando il ruolo che è stato loro assegnato? E non pensa, la premier, che sarebbe meglio invitarli a farsi da parte?
Da ieri sappiamo ufficialmente che l’onorevole Delmastro, noto per la volontà di placcare in oro le aquile mussoliniane dello stadio di Biella, ha chiesto e ottenuto (legittimamente) dall’amministrazione carceraria informazioni sensibili sull’anarchico Alfredo Cospito. E che invece di evitarne la divulgazione, come da esplicita raccomandazione, ha deciso di condividerle col suo vivace compagno di stanza, che poi le ha maldestramente utilizzate in Aula per attaccare il Pd. Erano d’accordo? Qual era lo scopo? Nordio sapeva? Chi ha avallato, insomma, questa ridicola indecenza?
In attesa di risposte credibili, siamo costretti a fare i conti col geroglifico vergato ieri dal ministero della Giustizia, che toglie apparentemente dal tavolo presunti risvolti penali della vicenda, ma non cancella le responsabilità politiche dei protagonisti di questo horror-show, consegnandoci, per altro, l’impressione di considerare l’opinione pubblica come un’unica, gigantesca, massa di allocchi.
In assenza della stele di rosetta per imbarazzanti fumisterie ministeriali, il comunicato di via Arenula sembrerebbe spiegare che i documenti non erano secretati, ma che la loro divulgazione doveva essere “limitata”. Significa che Delmastro avrebbe potuto parlarne al bar ma non alla messa del papa in Congo? Significa che i dialoghi tra criminali rinchiusi al 41bis, proprio perché i loro pensieri non diventino patrimonio comune, possono essere spiattellati a mogli e amici ma è meglio se non arrivano nei salotti tv?
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